T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     La generazione, quindi, discendente da quella di Como, con le sue gioie e i suoi dolori, con le sue speranze e le sue delusioni, era con lo zio Aldobrando scomparsa. Subentrava ad essa, vigorosamente, la seconda generazione: la nostra generazione.
     Anche verso questo zio, di conseguenza, deve rimanere viva, sentita la nostra affettuosa gratitudine.


     Dall'unione di Giuseppe e di Federico, come era nella mia mente, esistevano già elementi da servire per conquistare nel felice cammino, nell'ordine commerciale ed industriale, un vero primato. Ma sul meglio, quando le attività si dovevano maggiormente allargare, sopraggiungevano i figli di Giuseppe a far dare a quel cammino una brusca svolta. Però, ad onore del vero, i due gruppi, che nella separazione ne derivarono, seppero proseguire, sulla buona via, con avveduta laboriosità.

     Vincenzo, che era stato un entusiasta combattente, nel primo tempo aveva saputo trarre dal bene accreditato negozio, ereditato dallo zio, i migliori vantaggi. Anzi con una oculata attività, con la fabbricazione dei gabbioni, aveva saputo creare a Teramo una industria destinata al più largo sviluppo. Ad un certo momento, nonostante l'indole buona e gli onesti intendimenti, si smarriva. Però, e vada ciò in suo onore, faceva studiare i figli due dei quali potevano anche laurearsi.
     In tal modo i suoi figli, unitamente a quelli di Federico, concorrevano ad elevare, pure nell'ordine della coltura, il nome degli Adamoli.



     OLTRE LA META

     Nel marzo del 1928, in attesa della promozione a maggiore, ero trasferito da Chieti a Messina, nella bella città dello Stretto, vittima spesso delle ire degli dei infernali, abitatori della vicina vulcanica terra del fuoco.


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Umberto