T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Ad Oria, villaggio del "Piccolo Mondo Antico" del Fogazzaro, la voce dell'arrivo d'un bimbo nella caserma delle guardie, si diffondeva rapidamente. Quando mi vedevano ne rimanevano meravigliati, e da quel giorno, con gentile affettuosità, mi chiamarono bimbo.
     Le madri, intenerite, mi carezzavano, mi mandavano, nella loro simpatia, latte, uova, paste; le ragazze, quasi tutte figlie di Maria, che mi guardavano con dolci occhi, mi elevarono, con turbamento del parroco, ad idolo del loro piccolo cuore. Dove passavo, lungo la sponda del lago, su per le valli, entro i villaggi, ero accompagnato da tenere espressioni.
     Un giorno capitò d'ispezione alla caserma il maggiore, il famoso Di Paolo di Giulianova. Ritenendomi, per la mia infantilità, un estraneo, di che c'era divieto, faceva molto chiasso, minacciando punizioni. Chiarito dal maresciallo l'equivoco, egli stesso, quantunque molto burbero, ne rise. Ma pure lui volle sapere la mia età, la mia capacità, la mia resistenza al duro nostro servizio di montagna. Tentennava il capo, come segno di sfiducia.



     Il servizio si disimpegnava ad Oria, in verità, come in tutta la frontiera, a lunghi turni, in alta montagna. S'aveva per tetto il cielo, per giaciglio la nuda terra, per letto il sacco a pelo, per pasto il duro pane. Essendo di dicembre, ne avevo sentito subito la durezza, visto i pericoli, ma non me ne lagnavo, non me ne sgomentavo. Mi sembra, anzi, quella destinazione provvidenziale. Non vi avevo, ai fini dell'economia, molte spese; nella solitudine potevo dedicare maggior tempo allo studio.


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Umberto