T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     LUCI NELLA TEMPESTA

     Scomparsa la mamma a cinquantacinque anni, la casa paterna si doveva considerare finita, caduta in frantumi.
     Dei suoi appartenenti, Giuseppe e Ciriaco, essendo in America, vivevano fuori dei nostri trambusti. Però accettavano di ricevere le sorelle giovanissime, che non si sapeva come convenientemente sistemare in Italia: Angiola, Allegrezza e Argira.
     Antonio stava già a sé, con la propria famiglia; Vincenzo, scapolo, continuava a girovagare; Federico, il più piccolo dei fratelli, veniva, per qualche tempo, con me a Firenze.
     Io avevo sempre fisso, nella mente, Teramo. Pensavo a Teramo come ad una luminosa terra promessa, nella quale attuare quel disegno, che forse era stato nel pensiero del nonno di Narro. Lo zio Aldobrando pareva che vi fosse rimasto per tenervi il posto, in attesa che vi tornassero, per gli ulteriori sviluppi, i figli del fratello primogenito, i figli di Gelasio.

     Sapevo che questo zio, dopo la partenza di Vincenzo, era rimasto con estranei nell'azienda; pensavo, quindi, di mandarvi Federico. Gli scrivevo, di conseguenza, una lettera molto commovente. E Federico partiva con una valigetta, con un po' di biancheria ed un impermeabile nuovo, che gli avevo acquistato presso una cooperativa. Giungeva a Teramo, secondo il piano stabilito, quando lo zio aveva ancora nelle mani la lettera, ricevuta poco prima. Brontolava un po' nel vedere entrare il nipote, ma il mio scritto aveva operato beneficamente sul suo animo. Federico, trattenuto, si metteva sulla via del suo avvenire.


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Umberto