T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Giuseppe tornava, e prendeva senz'altro il suo posto di lavoro e di responsabilità, ma per quanto animato dalla migliore buona volontà, anche lui non poteva modificare, in nessun modo, il corso degli avversi eventi.
     Dopo altri esperimenti e dopo altre incresciose discussioni, si doveva aderire, anche se a malincuore, allo scioglimento di quella società, costituita e proseguita, per qualche anno, piena di liete promesse.
     Il babbo che, nel frattempo, aveva avuto nella salute un notevole miglioramento, per non rimanere inoperoso, iniziava, per l'esportazione, il commercio all'ingrosso della frutta. Non avendo una sufficiente preparazione, la prova non poteva avere favorevoli risultati. Tutta la produzione delle mele, ad esempio, acquistata nelle vicine campagne, non avendo un mercato in cui spedirla, rimaneva a marcire nei magazzini di raccolta.

     Essendo l'esperimento fallito, con non lievi danni finanziari, si deliberava di abbandonare Teramo. Invece dell'Aquila, ove vi era sempre la proprietà, si sceglieva, a nuova residenza, Giffoni Vallepiana, ove la mamma possedeva ancora una parte della casa paterna.
     Si lasciava quella contrada, un giorno tanto luminosa per noi, con la più viva tristezza nell'animo. Foschi colori avevano assunti, per noi, le colline, la fontana, il fiume, la campagna.
     Un ciclo della nostra vita era ormai chiuso; un altro se ne apriva, ma senza luce.



     RITORNO A GIFFONI VALLEPIANA

     Il viaggio s'iniziava per Giffoni quando, in autunno, il Gran Sasso aveva imbiancato la sua cima. Si lasciava Teramo senza un preciso programma, melanconicamente. I bambini, che nulla capivano, potevano battere gioiosi le mani al treno, al mare, alla novità. La mamma, che ne era partita bella nella sua fresca giovinezza, tornava alla sua terra dopo molti anni, madre di undici figli, col marito malato, con una pena acerba nel cuore. Nessuna luce illuminava, per il momento, il prossimo avvenire.


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Umberto