T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Nel pomeriggio tornava il sereno ed il sole, le acque diminuivano di volume e d'impetuosità, ma rimanevano anche per noi i danni, molto gravi. La diga, che deviava l'acqua verso il mulino e verso la fonderia, era stata quasi distrutta, il canale riempito di sterpi, di sassi, di mota.
     Le macine ed i magli potevano essere rimessi in movimento, dopo molti lavori e molte spese.
     Danni a danni, quindi, dolori a dolori.


     L'ottobre, che seguiva, si presentava ancora una volta, per noi, nefasto. Le precedenti sventure erano accadute sempre d'ottobre.
     In uno di quei giorni, per le sfavorevoli risultanze contabili presentate dallo zio Giovanni, il babbo era tornato da Teramo più agitato che mai. Nella notte alte grida della mamma mettevano a subbuglio la casa. Noi, che accorremmo assonnati e spaventati, trovammo il babbo in preda a forte agitazione nervosa. I medici, che lo visitarono, dichiararono che nulla vi era, per il momento, di grave, ma che occorreva, per la guarigione, un lungo periodo di cure e di riposo, soprattutto di tranquillità.

     L'uomo sano, robusto e vigoroso; l'uomo che non era stato mai malato, doveva, improvvisamente, sospendere ogni attività, con conseguenze molto funeste per noi.
     L'agitazione fu vivissima in quei primi giorni. Quando tornava un po' di calma, non si poteva non esaminare il doloroso caso, con particolare serietà. Non ritenendosi Antonio in possesso di tutte le qualità, per sostituire nelle complesse attività il padre, si pensava di far tornare Giuseppe, con la sostituzione, nel servizio militare, con Ciriaco, che proprio in quei giorni compiva i diciotto anni.


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Umberto