T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Dopo gli incontri, i saluti, le visite d'uso, la famiglia si raccoglieva nelle proprie preoccupazioni. Si tentava, in seguito, di riattivare a Giffoni l'industria di Teramo, ma con esito negativo. Il danaro tenuto in serbo, per le familiari necessità, a mano a mano si esauriva. Per maritare Maria Concetta, nei suoi sedici anni, si doveva vendere la casa della mamma. La buona e bella sorella andava a nozze per ubbidienza, ma molto a malincuore.
     Divenendo la situazione sempre più oscura, il babbo, migliorato in salute, decideva di andare all'Aquila a vendere quanto vi si possedeva, per tentare, dopo, altro commercio.
     I fratelli Giuseppe ed Antonio s'occupavano, intanto, in qualche modo, presso la grande azienda del parente Antonio Adamoli, lombardo pure lui, che si trovava in ottime condizioni finanziarie. Gli altri frequentavano e scuole pubbliche e scuole private.

     In quel tempo giungeva l'altra dolorosa notizia della morte dello zio Giovanni.
     Giovanni Maria Adamoli, terzo figlio di Giuseppe di Narro, che scompariva innanzi tempo dalla scena della povera vita, lasciava nei concittadini, per l'educazione, per la nobile operosità, per la scrupolosa rettitudine, il più largo rimpianto.
     La vedova Diana Ridolfi, intelligente ed avveduta, dopo non molto, si separava dall'azienda, che aveva in comune con il cognato Aldobrando, per aprirne un'altra, sotto il proprio nome.


     Il babbo tornava dall'Aquila, dove s'era recato, dopo sei mesi, con un carico di maioliche. La vendita della proprietà, essendo gravata da ipoteca, per una forte somma, era stata fatta in isfavorevoli condizioni. L'ipoteca, da tutti ignorata, era stata accesa da quell'ingegnere Ciuffoletti, già socio nella fonderia di Tempera, su presentazione di cambiali, firmate a suo favore dal babbo. Non riconosceva il babbo per su le firme; ma la perizia giudiziaria non risultava a lui favorevole.


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Umberto