T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Sono tornato, o madre, con commosso animo, in quella vallata, ove vivesti, con il tuo prestigio, con il fascino della tua non comune persona.
     Vi sono tornato ed ho rivisto, in un risveglio di dolci sentimenti, la casa ove io nacqui, i campi, i poggi, i piccoli boschi, la fontana, che gorgogliava sotto l'arcata del ponte, le strade delle nostre passeggiate. E vi ho riudito, nell'infiorata primavera, nella siepe di biancospino, l'usignuolo, che, con i suoi gorgheggi, perle saltellanti su lastre di cristallo, pareva volesse, come allora, raccontare la sua storia, le pene del suo amore, le vicende della sua randagia vita.
     Ed ho riudito, tra le querce, entro le quali svolazzavano le piche inquiete, il fruscio del vento; gił nella valle lo scroscio delle acque; nell'officina solitaria il rumore dei magli. Tutto come allora. Ed ho rivisto, ho parlato con quelle persone che con te avevano parlato, che ti ricordavano, con commossa affettuosa devozione, nella tua bellezza, nella tua signorile bontą, nelle tue virtł.

     Ma alle luci seguivano le ombre, fredde ombre, nelle quali maggiormente grandeggiavano la forza delle tua religione, la fermezza del tuo animo, la santitą della tua rassegnazione.
     Dopo le molte dolorose vicende, giovane ancora negli anni, gią madre di undici figli, cadevi per il troppo amor materno, recisa con quel fiore, che era carne della tua carne. Tu santamente cadevi, ma dalla tua tomba, come era stato da te vaticinato, si sprigionava quella luce, che doveva illuminare la via della riscossa.


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Umberto