T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     L'incontro avvenne nel giorno d'una festa cara. Giunsi alla casa silenzioso con l'ansia di un cavaliere errante, alla ricerca del castello intravvisto nel sogno. E teneri furono i racconti sulle nostre speranze, sulla storia delle nostre anime in pena, delle nostre anime in festa. Successivamente, in un fresco mattino di giugno, senza chiasso, senza corteo, ci presentammo dinanzi all'altare d'un Santuario, per completare, nel sacro rito, la nostra festa. Andammo, quindi, nel nostro volo a posarci su quel Vomero, coperto di aranci, dinanzi al quale si apriva, con la maestosa bellezza, l'ampia distesa del golfo incantevole. Vedevamo, nell'eterna poesia, le vele bianche andare come sogni, sui palpiti delle onde. Vedevamo uscire dal mare le isole brune, soggiorno di fate, e pił lontano, con l bianco pennacchio, il mitico Vesuvio.

     Rifacemmo, passo passo, religiosamente, la via gią da altri fatti, nella serena gioia del roseo evento.
     A Pompei, dopo visitato il grandioso Santuario, andammo su la cittą morta. Ammirammo nelle eleganti armoniche costruzioni l'artistico squisito senso dei nostri grandi avi. Restammo molto pensosi dinanzi alla giovinetta pietrificata dalla lava, dalla quale era stata avvolta nel sonno. Morbide erano le pieghe del corpo nudo, nel dolce riposo. Dovevano, forse, essere tornati a lei in sogno, nella gioiosa concezione pagana della vita, i godimenti del giorno avanti, i godimenti riservati, con i giovani guerrieri romani, per il giorno dopo. Ma il presente dio Vesuvio, ridestatosi ad un tratto, copriva con il suo manto di fuoco, con la gaia giovinezza, la cittą licenziosa. Poi andammo a Roma, ad elevare il nostro spirito nelle cose eterne. Dopo riprendemmo sereni la via del ritorno.


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Umberto