T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     In tutto questo finimondo un cuculo, imperterrito, da un boschetto faceva udire la sua voce, per incoraggiare alla resistenza.
     Dopo l'alba del giorno ventuno, mentre la tempesta si spostava verso altri settori, grosse ondate tentavano di travolgere la difesa. Questa restava salda a quota 1528 del Costesin. Cedeva, invece, sulla sinistra, in modo che gli austriaci, con azione d'avvolgimento, potevano attaccare alle spalle i forti difensori.
     Il momento si presentava in tutta la sua tragica gravitą. Il pił prode dei manipoli, il pił eroico degli uomini, non avrebbero avuto altra alternativa o d'arrendersi o di morire, per sola affermazione di valore, senza speranza di salvezza. Ma mentre tutto crollava, le due mitragliatrici s'eressero terribili sulla propria potenza. L'una rimase di fronte; l'altra, manovrata da me, non essendovi tempo per dare ordini, si volse alle spalle. Avvenne la strage. Ma gli energumeni non sostavano. Una forza cieca, diabolica pareva che li spingesse al massacro. I caduti erano ricolmati, il terreno perduto riconquistato. Un cadetto eroico poteva giungere, da un camminamento, a minacciarmi alle spalle. Il cadetto, in una lotta a corpo a corpo, con uno dei miei, era sgozzato; le orde assalitrici falciate, ed il valore, infiammato dal santo diritto, trionfava sulla forza bruta. Il grido di vittoria echeggiava sul nemico sconfitto.

     Stranezza del cuore umano! Fin che durava la strage ogni senso di pietą dormiva; nella tregua risorgevano umani sentimenti. Compassione per i feriti; dolore per i caduti; benevole accoglienza ai prigionieri. Era ancora vivo allora lo spirito di cavalleria. Si rendeva omaggio al valore del nemico; s'infioravano le loro sepolture.


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Umberto