T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Nel frattempo Federico, continuando sulla nuova via, sposava la cugina, riaprendo, di conseguenza, il negozio di ferramenta, fondato dalla madre Diana, dopo la separazione dal cognato Aldobrando.
     Annunziata non rinunciava al beneficio del titolo di studio, che aveva già conseguito con ottima votazione, andando ad insegnare proprio a Rocciano, pieno di eventi per la famiglia Adamoli, nella cui chiesa riposava il nonno di Narro.
     Compiuto quest'altro dovere verso lo zio e verso i fratelli tornavo in Maremma, per continuare nella mia carriera.
     Mi volli rendere un po' conto, giacché vi ero, di questa Maremma famosa. La volli percorrere, anche per ragioni di servizio, da un punto all'altro, a piedi, da Follonica a Torre San Rocco.
     Piccolo segregato mondo. Il primo tratto, costituito da più poggi, più o meno elevati, appariva coperto di pini verso il mare, di querce, di lecci, di eriche e di ginestre nell'interno. Ne era difficile e faticoso il passaggio.

     Tranne qualche carbonaia, che fumava qua e là, qualche svolazzamento di uccelli di rapina, non vi si vedeva, non vi si sentiva altro segno d'anima viva. Vi si scorgevano, invece, tracce di cinghiali, che vi abitavano, e vi s'udivano i ronzii dei fitti sciami di ditteri e di altri simili insetti che assalivano, con i loro pungiglioni, il disgraziato che vi passava, in modo tormentoso.
     Giungevo a "Punta la Guardia", da noi chiamata "Torre Troia", dopo qualche ora. La caserma era collocata in un vecchio castello, costruitovi da qualche bizzarro romantico feudatario medioevale, su una roccia, che saliva dal mare. Non vi mancavano le torri, i merli, il ponte levatoio e vestigi di trabocchetti.


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Umberto