T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Giungevo a Genova dopo un cattivo viaggio, in un mare in tempesta. Proseguivo, in ferrovia, per Como, con venti centesimi in tasca. Dovetti tenere la cinghia bene stretta, sino a Cavallasca, nuova mia residenza.
     I comandi, nella loro durezza, non avevano tenuto in nessun conto il grado da me precedentemente rivestito, né i sottufficiali, già miei colleghi, m'usavano cortesia; anzi qualcuno si mostrava addirittura sgarbato. Il servizio di sentinella, di otto in otto ore, lungo la rete metallica, era durissimo.
     Ma tutto sopportavo, con serafica rassegnazione, guardando l'avvenire.
     Dopo un anno di quella vita ero ripristinato nel grado e destinato, come un miracolo, a Firenze. Tutti ne erano meravigliati, poiché Firenze, la più bella ed ambita residenza, non s'otteneva che per autorevoli interventi, dopo molti anni di servizio.

     Le benedizioni della mamma scendevano già sul mio cammino.



     IL FONDO TOCCATO

     Nella gentile città di Dante, ove la buona fortuna m'aveva condotto, per acquistare maggiori cognizioni, frequentavo circoli, accademie, teatri, anche sotto mentite spoglie. Non trascuravo, nelle ore libere, di visitare, per immergervi l'ansioso spirito, le pinacoteche, le gallerie, i musei; non mancavo di andare ad esaltarmi, come quando ero dinanzi alla maestà delle Alpi, dinanzi alle divine creazioni del genio toscano ed italiano. Quei geni che rispondevano ai nomi immortali di Leonardo da Vinci, di Michelangelo, di Raffaello, di Tiziano, e di tanti altri sommi, avanti alle opere dei quali, che oggi ancora mi rivivono fresche nei sensi, rimanevo per ore e ore in estatico raccoglimento.


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Umberto