T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Partii risoluto ad affrontare tutte le vicende, a lottare con tutte le difficoltà, a sopportare tutte le avversità, a sottopormi a tutti i sacrifici, pur di piegare quel fato, che s'era satanicamente divertito a tormentare, a disfare la mia casa, senza colpe.
     Partii con la benedizione della mamma!



     IN CAMMINO

     Un giorno conversavo con una giovane zingara, bruna, intelligente, simpatica. Alla mia pietà per quella loro vita miseramente randagia, senza scopo e senza pace, che, con un po' di buona volontà, poteva rientrare nel normale civile stato, rispondeva:
     "Non è possibile. Questo è il nostro destino."
     Destino! Se effettivamente esistesse, nessun valore avrebbe in sé la personalità umana. Inumano sarebbe, inoltre, ammesso la sua esistenza, esaltare la virtù, condannare il vizio.

     Ero, ad ogni modo, con la partenza, solo di fronte al mio avvenire. Solo nella formazione del mio piccolo romanzo, costituito da tutte quelle vicende, rosee ed oscure, liete e dolorose, di cui è sempre intessuta la povera vita.
     M'allontanavo, ancora adolescente, per la seconda volta dalla mamma, con il pianto nel cuore, ma con il fermo proposito di lottare e di vincere.
     Mentre il treno, che mi conduceva lontano, correva nella Campania feconda, raccolto in un cantuccio di uno scompartimento, tra il frastuono ed il viavai dei viaggiatori, esaminavo il mio caso non lieto. Andavo a Teramo, è vero, ma senza esservi chiamato, senza esservi, forse, desiderato. Mentre così pensavo vedevo, con la mente, la bellezza verde dei paesaggi, che mi sfilavano dinanzi, la figura arcigna dello zio, verso il quale ero diretto. Dura, senza dubbio, anche per il suo carattere, sarebbe stata l'accoglienza. Forse sarei stato respinto in cattivo modo.


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Umberto