T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Non potei, dinanzi a tale rivelazione, mentre le ombre s'affittivano, non carezzare, con rispetto, gli ondulati capelli, non baciare, con commossa tenerezza, il pallido viso.
     Con il ritorno della zia maggiore mi congedai poco dopo, con molta tristezza, con questo segreto nel cuore.
     L'inaspettato strano idillio svaniva, nello stesso momento, nel quale aveva vita; svaniva allo stesso modo d'una meteora, che infiamma d'improvviso, per un attimo, l'oscurità del cielo.


     Alla mia partenza, l'addolorata madre, con spirito profetico, mi diceva:
     "Va figlio, con la mia benedizione, verso la nuova tua vita. La via da percorrere sarà lunga ed aspra, poiché la ricostruzione non potrà avvenire se non quando la casa sarà caduta tutta in frantume, ed io sarò scomparsa dalla mutabile scena del mondo. Così è, lo sento.

     Noi, vissuti sempre nello spirito della nostra religione, nella più scrupolosa rettitudine, non conosciamo, né spieghiamo le ragioni della ingiusta persecuzione. Destino, forse, comune a tutti gli uomini, buoni o cattivi che siano.
     Al giorno più luminoso segue, ugualmente, la notte. Ora noi siamo nella notte, ma che va verso il giorno. La nuova luce, però, non apparirà se non quando la notte eterna non sarà discesa su noi, nel sepolcro."
     Partii. Partii con qualche cosa d'indeterminato, di vago nell'afflitto cuore, ma con una precisa ferma volontà di ricupero. Lunga poteva essere la vai, anche aspra, come aveva detto la mamma, ma ero risoluto a percorrerla, a qualunque costo, sino a quella meta, che risplendeva, confusamente, nella nebbia del futuro.


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Umberto