T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Il fatto offriva alla fantasia d'infiorare l'avvenire di lieti propositi.
     Dopo qualche giorno della nascita ero condotto, naturalmente, nella casa comune, allietata già da altri quattro fratellini.


     Per quanto oggi mi sforzi non riesco a precisare quando, nel crescere, la mia intelligenza incominciasse a percepire le cose del mondo.
     Anch'io, senza dubbio, sarò stato avvolto in bianche fasce, sarò stato cullato, con la ninna nanna, nella culla drappeggiata d'azzurro, e avrò schiuso ai vezzeggiamenti le piccole labbra al primo sorriso, e balbettato, per la prima volta, il dolce nome di mamma.
     Vicende comuni a tutti i nati.
     Mi ricorrono alla memoria, nel crescere in quella prima età, barlumi di luce di crepuscolo, avvolta di nebbia. Mi riveggo, in quella luce, affaccendato in cento inutili faccende. Non ho mai dimenticato un tuffo nell'acqua, una caduta da una botola, l'arrivo da Salerno del fratello della mamma, del quale dovevo portare il nome.

     Non rammento cosa pensassi allora dei monti, che s'elevavano al cielo; del fiume che correva, con tenue mormorio, quando non era in tumulto per piena, verso il mare; della gente che passava, affaticata, su la strada polverosa. Mi colpivano le corriere a quattro cavalli, cariche di persone, che andavano verso la città, o ne tornavano. Consideravo l'auriga, che sedeva a cassetta, con molte briglie ed una lunga frusta, che spavaldamente chioccava, un non comune personaggio.
     Non vi era nessun uomo, come lui, che avesse tanto valore nella mia fantasia. Primo mio sogno: divenire conduttor di cavalli.


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Umberto