Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     La vita è un soffio, mia cara; una molecola, un lieve punto nella vastità del creato, trascinato inesorabilmente e travolto nel vortice del tempo. Quale ricordo di ere remote, di tutte le vicende, di tutti i piccoli e grandi drammi svolti nel teatro delle umane passioni, rimane a noi? La vita ha valore per quel tanto di felicità che i viventi sapranno ad essa carpire. Il resto è nulla.
     Giusti quindi e santi sono i sentimenti che inducono, in una più alta visione umana, a rompere i pregiudizi del mondo.
     Che ne dite voi?"
     "Che posso dirvi? Sono ancora troppo giovane per trattare certi argomenti. Per ora, nonostante tutte le vostre belle parole, non desidero che di tornare a casa."
     "Ci tornerete e oggi stesso. Ma ditemi: mi ricorderete qualche volta? Ricorderete, senza il senso fosco della paura, il bandito che, in una fresca mattina di maggio, vi ha parlato su questa collina, un linguaggio non suo? Almeno per voi."

     "Posso anche ricordarvi. Che vi sarebbe di strano? Ma senza il senso della paura, state tranquillo. Anzi..."
     "Anzi?..."
     "Con una certa simpatia."
     "E' quanto desideravo di sapere. Ora possiamo andare dalle vostre compagne. Là potrete sapere qualche altro particolare sul nostro conto."
     Giulio, una volta raggiunto, su invito, disse:
     "Vita la nostra, care donne, di sangue, ma anche di generosità. Sentite. In un tempo non lontano si sviluppava, nella frazione di Pascellata, un violento incendio, che metteva in pericolo beni e vita degli abitanti. Mentre le fiamme illuminavano sinistramente la notte, s'udivano grida e suono di campana. Noi, per fortuna, non eravamo lontani. Vi volammo senza titubanze. Pareva che vi fosse tra i miei una fervida gara a lottare con la forza del fuoco, che diveniva sempre più minaccioso. Erano in azione acqua, terra, sassi e spirito eroico e prima di giorno l'incendio era domato.


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Umberto