Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     E noi ancora una volta prendiamo i coltelli per ucciderci fraternamente!
     Non è vero forse?"
     "Può essere vero", replicò il Vicario. "Voi, a ogni modo, con la vostra franchezza, avete completato il non lieto quadro. Ma oggi io domando, nella concordia, la vostra collaborazione. Dalla conclusione, più o meno felice, del nostro lavoro potrebbe iniziarsi il cammino verso un'era migliore.
     E' storica fatalità che gli Stati, come le razze, debbano alternasi nel tempo al comando delle vicende umane. Ieri fu Roma a dirigere le cose del mondo; oggi è la Spagna e bisognerà, sino a un nuovo ciclo, ubbidirle".
     Sciolta la riunione, i soliti pipistrelli s'avvicinarono al Vicario, per gli inchini e l'elogio al suo discorso; altri, dal fervido spirito italiano, al de Adamnis, per la giusta lode alla sua parola franca, ferma, coraggiosa.




     CAPITOLO SECONDO

     "Storia di generosità e di delitti, di fedeltà e di tradimenti, di epici atti e di terribili tragedie è quella del mio bisnonno Marco Sciarra" raccontava Sante Lucidi, detto anche Santuccio di Froscia, ai compagni della montagna.
     "Questo mio avo" continuava "potrebbe paragonarsi, nella movimentata vita, a uno dei tanti capitani di ventura, che giravano e girano ancora l'Italia e l'Europa.
     Di svegliata intelligenza, di robusta costituzione, coraggioso sino alla temerarietà, raccolse un giorno gli sparsi banditi e se ne mise a capo, dando vita alla famosa banda che prese da lui nome e forza.
     Era giovane allora questo mio bisnonno e portava bene impresse, nel suo spirito, della sua Rocca Santa Maria, la dolcezza delle colombe, la ferocia dei lupi.


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Umberto