Umberto Adamoli
NEL TURBINIO D'UNA TEMPESTA
(DALLE PAGINE DEL MIO DIARIO. 1943/1944)


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     I Comandi alleati s'insediavano, intanto, ma solo in funzione di polizia e di controllo. I pochi reparti combattenti, italiani e polacchi, proseguivano per il fronte.
     A capo della Prefettura era stato messo, nel frattempo, un capitano d'artiglieria, il Lorenzini, anche lui vissuto, dopo l'otto settembre, nell'ospitale montagna. Di buone qualità, senza dubbio, ma d'insufficiente preparazione per dirigere, in un momento così delicato, un ufficio così importante. Rendeva più difficile il compito, per la mania dell'epurazione ad ogni costo, la sostituzione di provati esperti funzionari, con altra improvvisata gente, avida di avventure e di fortuna. Non ne agevolavano, finalmente, il compito tutte quelle altre ingerenze, che i partigiani di ogni colore intendevano esercitare in ogni ufficio, nonostante il funzionamento legittimo del Comitato di liberazione, costituito da ottime persone.

     Non mancavano, di conseguenza, incidenti, che mentre da una parte non dissipavano la confusione ed il panico, non concorrevano dall'altra a migliorare, di fronte agli alleati, il nostro già scosso prestigio.
     Sbocciavano, nel medesimo tempo, nella nuova primavera Italica, come variopinta fioritura, i tanti partiti a tribolare la già tribolata vita cittadina e nazionale.
     In tal modo si mettevano maggiormente in evidenza le nostre deficienze, la nostra decadenza, iniziatasi quando, nei fatali ricorsi, non era stata ancora raggiunta la vetta, in cima alla quale splendeva la nuova luminosa meta. Il fato regolatore delle umane vicende, non ne doveva essere estraneo; ma neppure estraneo doveva essere l'abbuiamento spirituale degli Italiani.


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Umberto