Umberto Adamoli
NEL TURBINIO D'UNA TEMPESTA
(DALLE PAGINE DEL MIO DIARIO. 1943/1944)


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     Anche questa volta per salvare gli altri, andavo, come sempre, a rispondere di persona. Non poco mi turbava il pensiero che proprio negli ultimi giorni dovessero accadere quei fatti luttuosi, per scongiurare i quali avevo lavorato, con forte spirito di sacrificio e con accurata sottile diplomazia, per ben nove mesi.
     Era necessario, quindi, non derogarvi, per giungere felicemente sino alla conclusione, non lontana, di quella commedia, pronta per un nonnulla a trasformarsi in sanguinosa tragedia.
     Dovevo faticare non poco per calmare le furie dell'inferocito prussiano, il quale, tra l altro, mi faceva chiaramente intendere che avrebbe usato tutti i mezzi e contro chiunque, per vincere qualunque tentativo di disubbidienza o di sabotaggio, messo in atto, in un modo qualsiasi, ai loro danni.

     Ma io, a mia volta, facevo osservare che la cittą si sentiva gią minacciata dalle truppe che vi passavano, poichč, contrariamente all'ordinanza del generale Zanthier, affissa a grossi caratteri alle due porte, vi stavano commettendo atti di violenza che molto preoccupavano.
     Essendo la conversazione, a mano a mano, diminuita di vivacitą, non trascuravo di perorare, ancora una volta, la buona causa di Teramo, ricevendone confortanti assicurazioni.
     Quel capitano, rabbonito dalle mie parole, raccomandava di avvertire la popolazione a non commettere atti di violenza, a non esporsi, a non uscire, ma di rimanere in quel trambusto possibilmente chiusa in casa. Su i terribili "guastatori" gli ultimi a comparire su la tumultuosa tragica scena, nessuna autoritą aveva per frenarne gli istinti brutali. Anzi spesso, come diceva, gli stessi Tedeschi ne erano vittime.


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Umberto