Umberto Adamoli
NEL TURBINIO D'UNA TEMPESTA
(DALLE PAGINE DEL MIO DIARIO. 1943/1944)


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     Dalla mia casa, lesionata anch'essa, tra gente folle di spavento, correvo sul vicino luogo colpito. Poche per fortuna le bombe esplose, pochi i danni, molti i feriti. Dei cinque morti, un bambino della famiglia Ricci, Guerino, dal viso cereo, dai riccioli d'oro, dal piccolo ventre squarciato, molto mi colpiva, profondamente m 'addolorava. Non l'avrei pił rivisto quel bimbo, fresco e roseo, tra gli altri bimbi dell'Asilo Nido, che frequentava; nč avrei pił ricevuto il suo timido grazioso saluto, passando dinanzi alla sua casa; nč pił avrei carezzato paternamente il suo piccolo capo!
     La madre, nel suo amore, aveva cercato salvarlo stringendolo al suo seno, coprendolo col suo corpo; ma la scheggia, che giungeva violenta di lato, lo colpiva ugualmente.

     La coraggiosa perdeva cosģ il bambino, ma perdeva anche un braccio, con il quale lo stringeva.
     In quella stessa incursione, cadeva, mentre spensierato giuocava sulla strada, un altro bambino, Vincenzo, della famiglia Arlotta.
     Vedevo, inoltre, mortalmente colpito, il diciottenne Umberto Ulisse. Dalla casa di lą della ferrovia, dove, tra lo strazio della madre, agonizzava, lo trasportammo, io ed altri, a braccia, su la strada, quindi, con un'automobile, all'Ospedale.
     Le amorevoli cure dei sanitari a nulla valsero. Nella notte, senza riprendere i sensi, lasciava per sempre la famiglia, la madre, la bella giovinezza.
     Infamemente barbara quella guerra aerea, che, senza limitazioni, colpiva dall'alto e distruggeva, con i monumenti, con il ricco patrimonio, con la storia, intere prosperose cittą; che sconvolgeva, ricchi di prodotti, vasti fecondi campi; che uccideva, senza un palpito di pietą, ovunque si trovassero, bambini e donne, vecchi e malati.


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Umberto