Umberto Adamoli
NEL TURBINIO D'UNA TEMPESTA
(DALLE PAGINE DEL MIO DIARIO. 1943/1944)


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     Pioggia di bombe

     Teramo, dopo l'episodio del bosco Martese, si riempiva d'uffici, di comandi, di truppe. Molto preoccupava, poichč si sapeva la cura, con la quale gli Anglo-Americani ricercavano i Tedeschi, per colpirli inesorabilmente, ovunque si trovassero: nelle cittą e nei villaggi, nei palazzi e nelle Chiese, nelle caserme e nelle officine. I pericoli, quindi, con tali arrivi, da nessuno desiderati, giornalmente aumentavano. Ma sino a quel momento gli apparecchi erano sģ qui giunti, ma soltanto in volo di ricognizione. I cittadini, tornati quasi tutti dalla campagna alle loro case, in una beata fiducia, ne ammiravano le agili evoluzioni, senza riflettere che bastava il tocco di una leva, lassł in alto per gettare in essi, gił nel basso, rovina e morte.

     Gli attacchi temuti, intanto, s'iniziavano, come quello compiuto la mattina del 4 ottobre, giorno di San Francesco, contro il treno, nei pressi di Fiumicino, producendo notevoli danni. Tra i feriti risultava il Vescovo Monsignor Antonio Micozzi, che rientrava in sede; tra i morti una giovanissima sposa, che io vedevo insanguinata, reclinata su il sedile di un vagone, bella nella sua pallidezza, nell'acconciatura del suo capo, nel suo abito da festa, nel suo civettuolo abbigliamento. Andava forse a lieto convito, ed incontrava morte.
     Gli attacchi continuavano, nei giorni successivi, lungo le strade e nelle campagne, contro carri, autocarri, automobili, il pił grave dei quali risultava quello effettuato nella contrada della stazione, mentre nel pomeriggio di sole della domenica del 16 ottobre vi ferveva un brioso passeggio. Vi si trovava gente che, come consuetudine, dopo il lavoro settimanale, vi si era recata per la ricreazione campestre; altra per visitarvi amici; altra ancora per proseguire, con i fiori, verso il Cimitero, per il doveroso omaggio ai defunti. Ogni cosa vi si svolgeva con normale serena sicurezza, non essendovi colą obiettivi propriamente bellici. Le mamme sedevano in riposo, davanti alle case, mentre i loro bimbi si rincorrevano, lietamente chiassosi, nei campi, nei giardini, lungo le strade. Passavano le carrozze, passavano le automobili. Ad un tratto, in quella serenitą, apparivano sopra la Specola, come spiriti folli, velocissimi, cacciabombardieri alleati. Dopo una rapida evoluzione su i colli, si dirigevano, a bassa quota, oltre la vallata del Tordino, oltre Villa Mosca. Passavano, ma tornavano subito indietro, piombando, come bolidi, fragorosamente, su la strada, su le case, sullo scalo ferroviario, per sganciarvi il loro micidiale carico. Compiuta, nella fuga disordinata e nelle grida dei passanti, la loro funesta opera, riprendevano baldanzosamente quota, giravano, scomparivano.


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Umberto