T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Quanta rovina si presenta alla mia fantasia se mi fermo per un momento a considerare il passato! Tutti quei collegiali che io da bambino vedevo freschi d'età, eleganti nella loro divisa nera, ricchi di sogni e di speranze; tutti quei bersaglieri che incontravo, con le piume al vento, baldi nella robusta giovinezza; tutto quel popolo che vedevo muovere, colmo di passioni e di desideri, non erano più riscaldati dalla luce del sole. Tutti giacevano orami, per l'eternità, nel silenzio del sepolcro.


     Nel decorso settembre, carissima, come sospinto da te, partii per rivedere, accompagnato dal nipote Giovanni, la Valsassina, da dove mosse, per il suo pellegrinaggio, il nonno Giuseppe. Si saliva da Bellano la bella vallata. A Coderino si lasciava la corriera. Il rimanente cammino, per raggiungere il nido degli Adamoli, nostra meta, si dovette fare a piedi. La pioggia che ci accompagnava nel bosco di castagni, fitto di ombre, scrosciava come un pianto. Pareva che dal monte dei vivi si salisse verso il mondo del mistero. Si raggiunse il nido, messo come quello delle aquile, a oltre mille metri, a notte inoltrata. Dalle case del piccolo abitato, umido di pioggia, trapelavano qua e là deboli luci. Piccolo solitario abitato, ma che portava bene impresso, come vedemmo il giorno dopo, il dominio secolare degli Adamoli. Non vi erano case, strade, tabernacoli, lapidi che non ne ricordassero, con i nomi, la nobiltà dei propositi, l'umanità degli atti, la santità dei costumi. E leggemmo nei registri dei secoli le nascite, i battesimi, i matrimoni; leggemmo il tramonto e dei singoli e delle generazioni.


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Umberto