T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Un usciere del comune, in uno di quei giorni, si presentava erroneamente a casa per chiedere la mia divisa d'ufficiale. La divisa, perché? Dopo una certa reticenza faceva capire che la divisa serviva per vestire il colonnello, che era morto. Morto! Dopo non molto vedevo precipitare nel mio ufficio, così come stava per la casa, con i capelli sciolti, senza lagrime, senza parola, senza fiato la cara sposa. Rimaneva a lungo, quasi svenuta, tra le mie braccia. Ritenni allora d'unire, ad ogni buon fine, alle mie ultime volontà, la seguente lettera:
     "Carissima, a te sono note anche nei particolari le vicende della mia vita, circonfusa, nel suo corso, di luci e d'ombre. Più d'una volta, nel mio cammino faticoso, sono giunto, ancora fresco d'anni e di speranze, su i limiti del misterioso regno dell'eternità e ne ho sentito, ne ho visto quasi con lo spirito i punti oscuri, ma anche i punti illuminati da divina luce. Non ho mai tremato, non mi sono mai turbato dinanzi al fatal ultimo passo. Anche il morire è un dovere, al quale bisogna ubbidire serenamente.

     Tu lo ignori poiché, per il senso di pietà, nessuno ha osato parlartene, me in questo momento, quasi per la mia volontà, per tener fede ai miei principi, per rimanere al mio posto d'onore e di lotta, la voragine senza fondo è di nuovo aperta sul mio cammino. Io volendo potrei scansarla, ma allora non sarei più io, non sarei più degno di te e dei fieri avi.
     Neppure io te ne ho parlato per non aumentare le tue pene. Non ti ho mai detto che in questo turbinoso periodo mi potevi vedere uscire di casa, allegro come sempre e scherzoso, senza vedere il mio ritorno. Tante volte m'hai colto pensieroso, mi hai sorpreso a guardarti con occhi umidi. Tu preoccupata ne volevi sapere le ragioni.


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Umberto