T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Non per bisogno ma per curiosità andai e vidi. Era ricca, poteva essere virtuosa, bella no davvero.
     Altro simile caso m'ebbe a capitare a Chieti, dove ero stato di servizio, per qualche tempo. Non era stato questa volta ad interessarsene un estraneo, ma lo stesso padre della ninfa innamorata. Per pudore non ebbe a presentarsi a me, ma al maggiore mio superiore, per chiederne la cooperazione. Mi si doveva, in altre parole, dire che la sua giovane unica figlia si era accesa d'amore per me. Io, in verità, poiché molte donne mi guardavano, non avevo avvertito, in istrada, questa fiamma che ardeva per me. Il padre, ad ogni modo, che aveva avuto sul mio conto le migliori informazioni, assecondando il desiderio della figlia, erede per di più d'un ricco patrimonio, volentieri m'avrebbe eletto suo genero. E tutti i giorni, come vedevo io stesso, senza saperne il perché, visitava il maggiore, restio a parlarmene. Ma quando questi finalmente vi si decideva ne ridemmo insieme. Dopo pochi giorni tornavo ad Ascoli e così tutto finiva.




     NELLE ANSIE DELLA PATRIA

     Pareva ormai, dominato gli eventi, che io dovessi pensare a me, ai casi miei. Anch'io avevo diritto, dopo tante lotte, dopo tante peripezie, ad un po' di pace.
     Sentivo per, per gli affetti che s'agitavano in me, pungente più che mai il desiderio della famiglia, dell'unione con la donna gentile non ancora scoperta, ma che io sentivo viva nel cuore.
     Ricevevo, nel frattempo, con sorpresa, la notizia da Napoli del ritorno dall'America, con moglie e cinque figli, del fratello Giuseppe. Tornava con lui pure la sorella Argira.


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Umberto