T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Tornava il sole, ed anche nei nostri animi scossi tornava il sereno.
     Tale è la vita, nelle sue vicende!


     Ma è triste la vita! Dopo non molto mi giungeva la notizia, dolorosissima, della morte, in un ospedale, del povero padre.
     Non posso oggi non rivolgere ancora una volta, alla sua santa memoria, il profondo affettuoso pensiero.
     Non posso non ricordare quel mattino che mi accompagnava, a Giffoni, alla carrozza in partenza per Salerno. Era con lui l'angelica sorella Maria, la prima a raggiungerlo, nel fior degli anni, nel mistero dell'oltretomba.
     Era ancora giovane d'età, il povero padre, ma era già curvo sotto le sferzate del nero destino. Nell'avvilimento camminava senza parlare. Anch'io non aprivo bocca, ma capivo, nel desolato dramma, quali sentimenti s'agitassero nel segreto del nobile animo. Ci abbracciammo, nella separazione senza lagrime, più volte ci baciammo.

     Lo vidi ancora, mentre m'allontanavo, fermo, desolatamente con una mano in aria, in segno d'addio. Presentiva, forse, il povero padre che, su questa ambigua valle di lagrime, non ci saremmo più riveduti.
     Tramontava, con il tramontare del secolo, nelle corsie d'un freddo ospedale.
     Povero padre! Poteva avere avuto, come tutti gli uomini, le sue debolezze, ma non era stato cattivo. I figli lo dovevano ricordare quando, pieno ancora di forza, di feconda operosità e di speranze, nel simpatico gioviale carattere, aveva per tutti una buona parola, uno scherzo, una carezza; quando rientrando dalla città, ed i piccoli gli s'affollavano attorno festosi, aveva sempre per essi un sorriso ed un dono.


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Umberto