Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Dramma in quattro atti)


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     VICARIO - (come toccato da una speranza) Si?

     SEGRETARIO -(con cupo tono) Si, si, ma come dicevano, e come avevano fatto altra volta, per impiccarvi i traditori: uno per ogni porta. Sette sono le porte.
     Noi, al servizio della Spagna, non siamo per essi che traditori.

     VICARIO - Traditori! Possono avere anche ragione, dura cosa, caro segretario, servire lo straniero che conculca la patria. Diffidenza, derisione, insulti dagli uni; disprezzo, maledizione, forca dagli altri. Avete capito l'ironia della domanda: "Non vi è stato ancora conferito il Toson d'Oro?" Come dire: "Non avete ancora ricevuto i trenta denari del tradimento?"

     SEGRETARIO - E' vero. D'altra parte come fare? Un'intesa con i banditi non è più possibile, poiché pensano di entrare a far parte, con l'aiuto di Venezia, con tutta la montagna, della repubblica di Senarica.


     VICARIO - Senarica! Cos'è questa Senarica!

     SEGRETARIO - Non è che un paesucolo dell'alta vallata del Vomano, i cui abitanti, poveri pastori, vivono con leggi proprie, in una propria repubblica.

     VICARIO - Le ragioni?

     SEGRETARIO - Qualche secolo fa, come raccontano, tentarono il passaggio, per quell'angusta vallata, diecimila cavalieri, condotti da un certo Ambrogio Visconti, diretti, con propositi non benevoli, verso Napoli. Furono affrontati, nelle loro ribalderie, da quei montanari, fermati, sbaragliati. Da quel glorioso episodio nacque appunto, per la liberalità della regina Giovanna, allora regnante, la più piccola, la più famosa repubblica della storia.

     VICARIO - E questa repubblica vive ancora?


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Umberto