CINZIA - Ma Barbara, non so, è d'altro animo, d'altra sensibilità. 
 
     (Di là s'ode la voce d'un fanciullo) 
 
     MONTECCHI - Poi non resti proprio sola. Resta con te, a riempire il mio vuoto, il caro Nemesio, colmo, nonostante la fanciullezza, di molte virtù. 
 
     NEMESIO - (che intanto entra, chiamano) Mamma! Mamma! 
 
     CINZIA - Vieni, vieni, figliuolo, vieni a stare un po' con tuo padre, che tra poco parte. 
 
     NEMESIO - Ma perché babbo parti? Non partire, non partire. (l'abbraccia) 
 
     MONTECCHI - Debbo partire, figliuolo, ma tornerò. Qualora non dovessi tornare io verrai tu a ricercarmi sui monti pure italianissimi della nostra Dalmazia. Me lo prometti? 
 
     NEMESIO - (continuando ad abbracciare il padre, teneramente) Ma io sono piccolo. 
 
     MONTECCHI - E' vero, ma verrai quando non sarai più piccolo. 
 
 
     (Cinzia piange) 
 
     (Interrompe la mesta scena il rientro di Santuccio e di Barbara) 
 
 
 
     SCENA TERZA 
 
     SANTUCCIO - Il quadro è sempre là, vicino all'altare e nessuno oserà toccarlo. 
 
     MONTECCHI - E nessuno certo lo toccherà... 
 
     BARBARA - Io ne sarò gelosa custode. 
 
     SANTUCCIO - Brava, in modo che un giorno, più o meno lontano, qualcuno, nel vederlo, possa dire: "Oh! Questo è il famoso Santuccio di Froscia?" 
 
     MONTECCHI - E possa aggiungere: "Simpatico. Non si direbbe un bandito." 
 
     SANTUCCIO - Noi banditi? Venezia ci giudicherà. 
 
     (S'ode di nuovo il suono dei corni) 
 
     MONTECCHI - Dobbiamo andare, Santuccio. 
 
     SANTUCCIO - Andare... 
 
     CINZIA - (versando lagrime) Andare... 
 
     BARBARA - Su, su lo spirito, ché i nostri torneranno. 
 
     CINZIA - Ma quando torneranno?... 
 
     SANTUCCIO - Quando, nella redenzione, consacrata dal sangue, in una nuova luce, noi non saremo più consacrati banditi del Martese, ma fedeli soldati d'Italia. 
  |