Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     Il cavaliere, al quale appartenevano i due occhi, la raggiunse. Avvenne tra i due una conversazione che io conservo trascritta. Se non vi dispiace vado a prenderla."
     Andava, tornava, ne faceva la lettura.

     "Non credo ancora ai miei occhi poiché non credo alle favole. Mi par di sognare. Ditemi, bella ninfa, se non siete Diana a quale altra deità appartenete? Non m'avvenne mai, nel mio girovagare, d'incontrare nella solitudine delle valli, nei silenzi dei boschi, sulle rive dei torrenti donna come voi e armata.
     Mal si concilia un ordigno di guerra con la gentile violetta, colma di tenue profumo.
     Ditemi: se non siete una napea chi siete?"
     "Sono una che vive. Se mi si dovesse attribuire un nome mi si chiami pure Diana o Lucina, se il nome vi sembra più bello. Diana, m'intendente?"

     "Diana! Ne conosco le vicende. Diana in tutto?"
     "In tutto: nei sentimenti, nei propositi, nei sogni."
     "Non mi vorrete trasformare, come Atteone, in cervo. Quando vi ho ammirato, a ogni modo, non eravate nuda nell'acqua, per il bagno."
     "Non ne ho il potere. Sono mortale. E ora lasciatemi andare e voi continuate per la vostra strada."
     "Sono sulla mia strada. Debbo giungere, per ordine del mio signore, a Poggio Umbricchio."
     "Signore! Poggio Umbricchio e Senarica hanno nel Doge il proprio signore. Siete quindi su una strada non vostra. Ne potreste essere anche arrestato."
     "Ne sarei felice. Siate però buona. Avete detto che vi chiamate Lucina."
     "Diana si chiamava pure Lucina. Altro è il mio nome."
     "Quale?"
     "Francesca."
     "Nome altamente lirico, eternato nella più dolce delle cantiche, dal più grande dei poeti."


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Umberto