Federico Adamoli
CRONACA DI UN RAMAIO TERAMANO


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     Qualche tempo dopo, il 12 novembre, con una certa sorpresa Giovanni annuncia a Domenico Alfonsi di S. Severino non un solo matrimonio, bensì due: quello del fratello Altobrando, ma anche il suo con Diana Ridolfi, vedova teramana con due figlie. Proprio queste due unioni sono destinate ad avere una significativa ripercussione sugli equilibri familiari, nonché sull’attività lavorativa dei due fratelli.
     Nelle memorie di uno dei figli di Gelasio - Umberto Adamoli, ultimo Podestà fascista di Teramo - questi narra che dopo la morte della moglie di Giovanni, avvertendosi in famiglia la mancanza di una donna, venne deciso che il fratello Altobrando prendesse moglie. Questi, seppure a malincuore, assecondò la richiesta. Destò invece sorpresa il matrimonio di Giovanni, che in un primo momento aveva manifestato di non essere propenso a sposarsi nuovamente; questo duplice matrimonio finì col provocare forti dissapori in famiglia, che si ripercossero soprattutto sulla salute mentale di Gelasio e di conseguenza sul lavoro in fonderia (22).

     Il copialettere documenta l'importante momento di passaggio nella vita dei ramai teramani, con le crescenti difficoltà a soddisfare le richieste dei clienti; il commerciante è costretto a scusarsi con Stefano Di Pasquale di Castellamare per il ritardo nella consegna della sua fornitura: «la ramiera non ha lavorato per la malattia di Gelasio, e per questo ci troviamo attrappati di lavoro». La malattia del maestro fonditore della rameria di Villa Tordinia diviene un motivo ricorrente nelle lettere del negoziante di rame; in una delle ultime lettere del copialettere, questi lancia una richiesta di aiuto al cugino Fortunato di Narro: «Vi fo sapere che Gelasio sta un po male senza poter sapere ancora che sia la sua malattia. Solo sappiamo che non puole di lavorare che il medico ce lo ha proibito per lungo tembo. Ora per causa di questa maledetta sfortuna che si è compinata ci troviamo sfornito di un maestro in questa fonderia, e così mi raccomando a voi volermi procurare un buon maestro che si bravo lavorare all'uso delle nostre parta, fosse anche il cugino Vittorio ne avrei più piacere, a voi non ve lo dico perché so che vi siete ritirato in casa. Del resto cercate voi di aiutarmi in questa circostanza perché ho la fabrica chiusa e pago £ 125 mensile e poi vado a perdere la clientela. Ditemi se è buono il cugino Leopoldo che sta in Toscana, a caso scrivetegli, del resto pensate voi come meglio puoi».

(22) Umberto Adamoli descrive questi eventi nelle sue memorie, “Nel romanzo della vita”: «lo zio Giovanni, destando viva sorpresa, annunziava, improvvisamente, il suo nuovo matrimonio con Diana Ridolfi, di Teramo, vedova con due figlie. Il fatto, che molto sconcertava, provocava il risentimento vivo dello zio Altobrando. Nascevano, di conseguenza, molti timori per il prossimo avvenire. Quei timori, purtroppo, non erano infondati. Quando lo zio Giovanni sapeva che stava per divenire padre, modificava, nei confronti nostri, la sua condotta. Spesso si mostrava, ciò che non aveva mai fatto prima, scontento. Avvenivano, nei riguardi della società, discussioni vivaci, che mettevano il babbo, padre di undici figli, in uno stato di vero turbamento. Rincasava in quei giorni, contrariamente al suo gioviale carattere, d'umore nero, senza volerne dire la ragione (...) In uno di quei giorni, per le sfavorevoli risultanze contabili presentate dallo zio Giovanni, il babbo era tornato da Teramo più agitato che mai. Nella notte alte grida della mamma mettevano a subbuglio la casa. Noi, che accorremmo assonnati e spaventati, trovammo il babbo in preda a forte agitazione nervosa. I medici, che lo visitarono, dichiararono che nulla vi era, per il momento, di grave, ma che occorreva, per la guarigione, un lungo periodo di cure e di riposo, soprattutto di tranquillità».


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Federico Adamoli