Federico Adamoli
CRONACA DI UN RAMAIO TERAMANO


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     Il rame inviato a Teramo dai clienti – generalmente negozianti che ritirano i vecchi utensili dalla propria clientela – possiede con una certa frequenza significative impurità, a causa della presenza di materiali estranei (stagno, saldature di ottone, perni di altri metalli, ritagli di ottone, piombo, sporcizia, chiodi, ecc.) che procurano in fonderia seri problemi perché «per colarlo ci vuole la mano di Dio». Talvolta risulta necessario persino ripetere la colata stessa: il cliente di Torre de’ Passeri Corinto Giacci, riceve al proposito accese osservazioni perché «cosa da non credersi, dopo terminato le balle si dovevano andare a rifonderli di nuovamente». Questo rame di cattiva qualità, utilizzabile solo per la forgiatura di piccoli utensili (come padelle, casseruole, ecc.) suscita ulteriori lamentele perché determina nel processo di lavorazione uno sfreddo immenzo, intendendo con tale espressione una significativa perdita naturale di peso, a causa della tara che contiene (vengono trovati finanche diversi chilogrammi di ottone in una colata).

     Queste contrarietà creano sovente lunghe discussioni con i clienti, mitigate solamente dall’esistenza di stretti rapporti di amicizia; esemplare in questo senso è il rimprovero che il commerciante teramano rivolge a Luigi Mazzitti di Giulianova, che gli ha inviato rame poco utilizzabile: «per la troppa amicizia che passa fra noi non se ne parla più e farò di tutto [per] mischiarci un pezzettino per colata ed ammetterla. Però avrei piacero che venite voi e portarvi in fabrica a vedere che effetto ha sotto il maglio, e quando tempo porta per fare una colata, e che grande sfreddo che da».


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Federico Adamoli