Umberto Adamoli
NEL TURBINIO D'UNA TEMPESTA
(DALLE PAGINE DEL MIO DIARIO. 1943/1944)


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     La poderosa aviazione alleata continuava, nel frattempo, nelle sue visite, sganciando quā e lā, a casaccio, le sue bombe. Una notte erano messi a rumore i due fiumi, il Tordino ed il Vezzola, che avvolgono, nella loro freschezza, la pretuziana cittā. Non se ne spiegava la ragione, non essendovi nč strade, nč opere militari, nč, in quel momento, presenza di truppe.
     Le allegre Ninfe delle acque, risorte per l'occasione, con falsi segnali, avevano voluto fare forse un burlesco scherzo ai notturni feroci volatori.
     Non vi erano vittime umane, questa volta. Rimanevano danneggiate, perō, le case non lontane, che si vedevano, poi, con i muri lesionati, i vetri rotti, le porte sfasciate.

     Dopo una tregua, che faceva molto pensare, si rinnovava un largo movimento di truppe, dirette verso il fronte, che si era nel frattempo ancora avvicinato, o da esso provenienti, delle soste a Teramo, sempre pericolose per i bombardamenti che potevano provocare, tornavano a tormentare il comune, con richieste, che non si esaurivano mai. Rioccupavano, intanto, le caserme, le scuole, giā ripulite, i magazzini, le case.

     Con le truppe arrivavano altri comandi, i quali, come quelli precedenti, chiedevano case, mobili, biciclette, macchine da scrivere, apparecchi radio, automobili. Avevano le case, che non si potevano nascondere, che requisivano con la forza, ma non avevano altro.
     Per i molti servizi e per il deposito delle armi e munizioni requisivano il macello, l'autocentro, l'orto agrario, le autorimesse e i cortili, trasformando Teramo in una pericolosa officina.


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Umberto