Umberto Adamoli
NEL TURBINIO D'UNA TEMPESTA
(DALLE PAGINE DEL MIO DIARIO. 1943/1944)


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     La stessa radio dichiarava che il nuovo governo, affidato al maresciallo Pietro Badoglio, avrebbe mantenuto i suoi impegni, continuando, a fianco della alleata Germania, la sua guerra. Ciò non toglieva che non sorgessero, nei buoni, per il nostro avvenire, forti apprensioni. Ed invero, anche qui in Teramo, non tardava l'inizio della lotta, non contro lo straniero, ma contro le istituzioni e contro gli uomini del caduto regime. Lotta intestina, dunque, da cui si deduceva che non s'intendeva affatto di rispettare quel diritto di libertà, per riacquistare il quale si era lavorato, come si diceva, per oltre venti anni.
     Addolorava, poichè si capiva che neppure questa volta si considerava che dalla violenza nulla si poteva ottenere di buono. Poteva considerarsi in qualche modo giustificata la lotta contro i disonesti, contro gli speculatori e gli sfruttatori, di qualunque ordine e specie; ma non quella tendente a colpire, non gli atti, ma l'idea, sacro personale patrimonio.

     Faceva ancora pensare l'altro pietoso fenomeno dell'improvviso rinnegamento, da parte di altre persone, di tutto un proprio passato. Non appena il disgraziato regime, con la sua caduta, perdeva forza ed autorità, scomparivano, come per incanto, tutti i suoi distintivi. Non solo, ma molti, che vi avevano occupato posti elevati, che si erano ubriacati di una fede che non possedevano, assumendo strani atteggiamenti, s'imbrancavano con i più accesi sedicenti tribuni, che chiassosamente correvano a demolire, a frantumare nelle piazze, negli uffici, negli istituti, tutto quanto si potesse riferire ad emblemi portanti i segni del littorio, anche quando, resi sacri dal sacrificio del sangue, avessero altro significato da quello politico, altro scopo, altro valore.


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Umberto