Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Non solo io non fui in Italia il settembre di quell'anno, ma, quel che è più, dei nostri casi avventurosi io non ebbi sentore che molti giorni dopo, perché io era in quel tempo nella regione che il nostro Principe Ereditario visitò due anni or sono, cioè nell'Asia Centrale. E là, quasi nella stessa ora, in cui le nostre truppe entravano nella città eterna per la breccia di porta Pia, io penetravo, con lo stato maggiore del generale Abramoff per la breccia, aperta dal cannone russo, nelle città di Kitab e di Sciaar, poco lungi da Samarcanda, culla l'una, l'altra prediletta residenza del grande conquistatore Tamerlano1.
     Compiuta la spedizione, io ripresi, su lo scorcio del settembre, la via dell'Europa, appena consapevole di una prima notizia intorno allo scoppio della guerra fra la Francia e la Germania.

     Giunto pertanto, il 7 ottobre, ad Orsk negli Urali, dopo una fortunosa traversata della steppa Kirghisa, a settentrione del mare d'Aral, durante la quale perdei un equipaggio e due servi massacrati dai predoni nomadi, io non ancora sapevo nulla dell'esito del conflitto delle due grandi potenze occidentali.

     Mentre si cambiavano i cavalli nella stanizza, capitò, dalla via opposta alla mia, un conoscente, il maggiore Travlò, che avendo terminato il congedo, andava a riprendere il suo posto a Tasckent. Or egli appunto mi disse della entrata degli italiani in Roma, e degli avvenimenti straordinari della guerra in Francia, la prigionia di Napoleone III, l'andata di Garibaldi, la marcia de' prussiani su Parigi.


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Umberto