Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Nel pomeriggio ci recammo al campo d'assedio a rivedere Giulio Vigoni, tenente di artiglieria, Carlo Dall'Acqua ed altri amici, raccogliendo ovunque dimostrazioni di affetto e di simpatia.
     Tornando di notte a Caserta, fummo sorpresi, nel bosco che è in vicinanza di Sessa, da violenta burrasca. Un fulmine ci cadde allato e fece stramazzare i due primi dei sei cavalli della berlina, cagionando con l'improvviso arresto, nella più completa oscurità, e sotto la pioggia torrenziale, una confusione comicissima. Qualcuno, pigliando il fragore dello scoppio per una scarica di tromboni, cercava di sbarazzarsi dei mantelli inzuppati e di scovare le armi deposte in fondo alla carrozza, gridando “ai briganti!”; altri tentava di accendere le lanterne, e di aiutare, bestemmiando, i postiglioni, che si affannavano intorno agli animali caduti. Quando Dio volle, ritornata la calma, e staccati i due primi cavalli, si raggiunse Sessa, ove si trovò un ristoro desideratissimo.

     Il 7 gennaio del 1861, avute le dimissioni, partii libero da Napoli, non senza rimpiangere i miei buoni picciotti di Sicilia.


     CAPITOLO V
     ASPROMONTE
     (1862)

     All'entusiasmo della guerra di Lombardia, al brio della campagna delle Due Sicilie, succede ora la nota melanconica: parlo di Aspromonte.
     All'Italia mancava Roma, mancava Venezia. Garibaldi, espressione del sentimento nazionale, senza discutere gli ostacoli, senza giudicare dei pericoli, move per la città eterna, tranquillo e fidente come Cristo, sicuro che le turbe lo seguiranno. Egli chiama in Sicilia i suoi devoti, e questi accorrono alla voce di lui, non chiedendo ragioni, soffocando i dubbi, che la novità, la incertezza, la commozione del momento inspiravano negli animi loro.


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Umberto