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Scambio di corrispondenza con la 'Légation d'Autriche' (giugno-settembre 1936) circa la condotta eroica di un cadetto austriaco nei fatti d'arme del maggio 1916

Clicca sulla foto per ingrandirla Nei resoconti delle azioni di guerra di cui fu attore Umberto Adamoli nel maggio 1916 viene ampiamente descritto un episodio di cui fu tragico protagonista un soldato austriaco che il giorno 21 maggio, nella fase più drammatica della resistenza operata dalle truppe italiane sul Costesin, riuscì a penetrare fino alla postazione di sparo occupata da Umberto Adamoli. Ne nacque una schermaglia che lascerà una traccia indelebile nella memoria di Adamoli. Nella personale relazione al proprio Comando di quelle azioni di guerra così descrive questo momento: 'In questo frattempo, non si sa come, approfittando forse di un incamminamento, mi sorse ad un tratto da un lato un giovane ufficiale austriaco, per impormi, col fucile alla mano, la resa. Per difendere me stesso avrei dovuto lasciare, sia pur per poco, la mitragliatrice, ciò che non giudicavo né conveniente né prudente, ma a togliermi dalla difficile condizione sorse la brava guardia Cavagnolo Giovanni, la quale, giudicando in un attimo la situazione, si slanciò come belva al collo del temerario nemico, atterrandolo.'

Lo stesso episodio viene descritto dal Tenente Colonnello Amos Meucci nella pubblicazione riportata in questo sito: 'Gli austriaci già cominciano ad attorniare la posizione da cui il Tenente Adamoli, calmo ed alacre, manovra la sua mitragliatrice arroventata dall'uso prolungato, già un cadetto, sbucatogli alle spalle, gl'intima di arrendersi, gli posa le mani addosso. Il Tenente Adamoli, senza scomporsi, senza cessare dalla sua funzione sterminatrice, senza neppure degnarsi di guardarlo, lo respinge con una gomitata nel petto. Il cadetto, irritato, fa il gesto di estrarre la rivoltella, evidentemente con l'intenzione di finirlo. Allora avemmo questo episodio di sacra ferocia: la guardia Cavagnolo Giovanni, accortosi di ciò, afferra per la gola il cadetto, gli configge le unghie nella carne, lo atterra, e non lo lascia se non quando l'ha visto con gli occhi sbarrati e con la lingua di fuori, strangolato. Di questo episodio è traccia eloquente nella motivazione riguardante la medaglia di bronzo concessa a questo valoroso.'

Più di vent'anni dopo, nel corso di un pubblico discorso tenuto a Teramo nel 1938, nella rievocazione dei giorni di guerra, Umberto Adamoli così ricordò lo stesso episodio: 'Un Cadetto, intanto, giovanissimo ma valoroso, infiltratosi per un camminamento nelle nostre linee, mi giungeva non visto alle spalle. Ma invece di uccidermi, come avrebbe potuto fare benissimo per non essere stato visto da nessuno, picchiandomi su una spalla si limitava ingenuamente ad impormi la resa. Baldanza giovanile, che caramente pagava. Occupato come io ero nella mia opera sterminatrice, che per la nostra salvezza, non sopportava un attimo di arresto, non mi potevo interessare di lui. Cercai soltanto di ricacciarlo, con una forte gomitata, nel camminamento. Gli balzava invece addosso, mentre con più senno questa volta mi puntava contro la rivoltella, un mio milite che mi faceva da servente nell'arma. Avveniva fra i due, uguale di forza e di valore, una lotta furiosa, furibonda per poter sopraffare. Ma in ultimo, vinto, in una stretta più forte, il cadetto si abbatteva esanime al suolo. Fine tragica, necessaria per la nostra salvezza, ma che io non avrei voluto. Talvolta anche il nemico, quando è valoroso, poiché il valore in qualunque campo si manifesta, infonde sempre profondo rispetto, può destare sensi di pietà e di ammirazione. Quando, dopo di aver respinto vittoriosamente quell'attacco scatenatosi da tutte le parti, potevo leggere in una cartolina cadutagli nella lotta, e scrittagli dalla madre lontana qualche giorno prima, parole di affettuosa gentilezza materna, gli avrei voluto restituire la vita. Quella cartolina non avrebbe avuto più risposta; quella buona madre non avrebbe più riabbracciato il suo Lieber Bubi, come essa lo chiamava. Ma quella buona madre, poteva ora scrivere nella sua storia, nella storia della sua famiglia, a caratteri d'oro, il nome del suo eroico figliolo. Il quadro riproduce fedelmente un momento del glorioso episodio, ma il quadro non riproduce, ne poteva riprodurre, quanto fiammeggiava di grande, di divino nell'animo di quegli eroi, di quelli che attaccavano, di quelli che si difendevano, che morivano per la patria.' (il quadro di cui si parla è forse conservato a Roma in un museo militare)

Un paio di anni prima, nell'estate del 1936, Umberto Adamoli rende noto l'episodio alla 'Légation d'Autriche' di Roma, sia per tributare l'onore alla condotta eroica del soldato austriaco, sia per cercare di conoscerne e la sorte, e l'identità. Ne scaturisce uno scambio di corrispondenza che viene di seguito presentato:


Nei lunghi anni di guerra spessissimo ebbi ad ammirare il valore dei Soldati d'Austria. Senza dubbio, l'indomito cavalleresco valore spiegato dai due popoli in combattimento, li condusse, dopo il grande conflitto, a stringersi in fraterna forte intesa.
Nel maggio del 1916 quando l'Austria ebbe a tentare la sua grande offensiva, io ero a quota 1528 del Costesin (Altipiano di Asiago, Trentino) quasi di fronte al forte del Lucerna. Ne uscii vivo miracolosamente, e dopo di avervi fatto tutto il mio dovere di soldato.
Molti in quei giorni furono gli episodi di particolare valore, compiuti dalle due parti. Ma quello che è rimasto vivissimo in me, è l'episodio che trascrissi allora nel mio diario di guerra, che qui accludo copia.
La prego di leggerla attentamente. Io allora, nella confusione del combattimento, giudicai che il prode Austriaco che mi assaliva con tanta audacia si trattasse di un Cadetto. Ma può darsi che invece fosse un semplice soldato. Era ad ogni modo giovanissimo e di distinto aspetto. Io, quando ebbi ad esaminare, lo giudicai morto per soffocamento. Era a terra senza che desse nessun segno di vitalità. Ma può anche darsi che simulasse la morte, e che dopo il nostro ripiegamento su altra più favorevole posizione, tornasse in vita e nel suo reparto.
Ma quello che è certo, quel soldato o Cadetto, cha da solo venne ad imporci, in un momento così tragico, la resa, fu un eroe meritevole della più alta ricompensa al valore militare. Eroe pel modo come si ebbe ad infiltrare nella nostra posizione, eroe pel contegno tenuto dinanzi alla nostra reazione, eroe pel modo come ebbe a cadere. Un po', ingenuo, e la mia vita la debbo proprio alla sua ingenuità. Non essendo stato visto invece di picchiarmi sulla spalla, mi poteva bene pugnalare.



Légation d'Autriche
Rome

No. 2757/A
Roma, li 23 giugno 1936


Ill.mo
Signor Maggiore Umberto Adamoli
Teramo

La Legazione d'Austria ha l'onore di accusare ricevuta della Sua preg. lettera e di ringraziarLa vivamente dell'interessante relazione sulla condotta eroica di un giovane Sottoufficiale dell'ex Esercito austro-ungarico. Copia della Sua lettera è stata inoltrata alla Cancelleria Federale, Dipartimento degli Affari Esteri.
Per il Ministro:
...



29.6.936.XIV


A S.E. Ministro della Legazione d'Austria

R O M A

Sono lieto che la mia lettera sia giunta e che sia stata presa in considerazione. Desidererei a suo tempo sapere l'esito delle ricerche del prode Combattente austriaco di quota 1528 del Costesin, della giornata del 21 maggio 1916. Io ritengo che non debba essere difficile, poiché tra l'altro parlarono della nostra eroica resistenza su quella quota molti corrispondenti Austriaci e lo stesso Comando militare.
Il valore maggiore ebbe ad essere spiegato da quel giovane Sottufficiale o Cadetto che ebbe da solo a penetrare nella nostra posizione e lottare da solo da eroe, ma anche gli altri soldati ebbero a compiere valorosamente il loro dovere, come risulta dal mio Diario, del quale ho già trasmesso un estratto riferibile a quell'azione. Se non riuscirono a conquistare con la forza la posizione è perché le mie mitragliatrici funzionavano meravigliosamente. A quelli che feci prigionieri, soldati alti, robusti, forse delle truppe alpine, ebbe a stringere con ammirazione la mano per la loro valorosa condotta.
Io ripeto sono a disposizione per tutte le altre informazioni; desidero solo, qualora il fatto non fosse noto, che l'eroismo di quel giovane, che io auguro ancora in vita, sia ricordato alla Famiglia ed alla Patria.
Con gli ossequi.
Maggiore Umberto Adamoli

Viale Francesco Crispi, 81

Risposta a N. 2757/A del 23 giugno 1936



Légation d'Autriche
Rome

Nr. 3807/A. Roma, li 25 agosto 1936


Ill.mo
Signor Maggiore Umberto Adamoli
Teramo
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Riferendosi alla Sua stimata lettera in data 29 giugno a.c., la Legazione d'Austria ha l'onore di comunicare alla S.V. Che secondo una informazione pervenuta dall'Archivio Austriaco di Guerra, gli indagini svolti per l'identificazione del cadetto austriaco, caduto in occasione della battaglia sul Costesin il 21 maggio 1916, sono rimasti senza successo.
Nell'esaminazione di tutti i rapporti relativi alla sopradetta battaglia sono state trovate parecchie descrizione di atti eroici compiuti da soldati ed ufficiali partecipanti a quest'azione, però non è apparso nessun fatto simile a quello da Lei descritto.
Con la massima osservanza.
L'Incaricato d'Affari:
...



Teramo, 6 settembre 1936-XIV

On. Legazione d'Austria

R O M A

Sentitamente ringrazio per la cortese comunicazione del 25 corrente, n. 3807/A. Il dubbio appunto che l'atto eroico compiuto dal giovane combattente austriaco fosse rimasto dalla propria patria ignorato, m'indusse a scrivere. Ogni altra ricerca, dopo tanti anni, rimarrebbe senza dubbio, senza positivo risultato. Ad ogni modo ripeto che il fatto avveniva nella mattinata del 21 maggio 1916 con la conquista di quota 1528 del Costesin, nel modo che io ebbi già a descriverlo. Si tratterebbe, quindi, di fare indagini per sapere il nome dell'eroe, per poterne onorare degnamente la memoria. E queste indagini potrebbero essere estese nei soldati ed ufficiali che ebbero ad operare per la conquista di quella quota, i cui difensori, pochissimi, ebbero a scrivere anch'essi una bella pagina di valore militare. Io vi ebbi a fare diversi prigionieri. Vidi anche due ufficiali feriti, uno all'addome, gravemente, giovanissimo anche lui e biondo; l'altro meno grave, e parlava italiano. Quest'ultimo, che era in una buca prodotta dallo scoppio di un 305, parlava italiano. Non potendoli trasportare, furono raccolti dai propri portaferiti.
Ma anche se non si riuscirà a sapere il suo nome, la sua memoria sarà sempre viva in noi ed onorata; e la sua patria lo onorerà nella grandezza del Milite Ignoto.
Con i migliori ossequi.

(maggiore Umberto Adamoli)

Viale Francesco Crispi, 81



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