Umberto Adamoli
L'OMBRA CHE VINCE
(Dramma in quattro atti)


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     CLARA

     È inutile affliggersi ancora, padre, su ciò che non potrà essere mai modificato.

     GIANCARLO

     Invece ti dico, figliuola che non tutto è perduto.

     PAOLA

     Ho fatto a Clara, presso a poco, lo stesso discorso, ma inutilmente.

     GIANCARLO

     Sui campi della tempesta, devastati nella terribile notte, tornò, con il sole, a rigermogliare ricca la vegetazione. Anche in questa casa deve tornare, con la fede, la ragione della vita.

     PAOLA

     E Nemesio è in ansiosa attesa d'una risposta.

     GIANCARLO

     Nemesio?
     PAOLA

     Si ed è al Santuario a pregare.

     GIANCARLO

     Caro ragazzo, figlio di eroe, degno della nostra casa. Le valli, i boschi, i monti, dove io sono stato, cantano le gesta gloriose del prode genitore; cantano della madre, santa in amore, le gesta eroiche di Poggio Umbricchio. E poi, figlia, non dobbiamo aggiungere le angustie della famiglia alle angustie di questa nostra povera terra, avvilita dai rinnegati, straziata dallo straniero. Le famiglie sane hanno il sacrosanto dovere di accrescerne, con la prole, la forza, per le giuste rivendicazioni.

     Tu intendi cosa io voglia dire.

     CLARA

     Comprendo, comprendo, padre. Ma io odo una voce, vedo nell'ombra uno spettro che sta minaccioso tra il passato e il futuro, tra un vivo e un morto. Ormai, padre, il sipario è fatalmente disceso sul dramma, conclusosi nel pianto. Sacrilego sarebbe, padre, passare comunque sul sangue, per raggiungere la mèta senza pace.

     GIANCARLO

     No, no, figlia. Il sangue del perfido non macchia. Di troppo la tua sensibilità offusca la tua mente, sconvolge il tuo spirito. Il lupo che artiglia l'innocente agnello, lo sparviero la candida colomba, debbono essere uccisi e ucciso fu chi, con la torva violenza, voleva togliere a te il candore, a me l'onore, a questa casa la santità.


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Umberto