Lettere della Guerra dall'epistolario di famiglia

Dal 25 luglio 1943 alla liberazione, lettere di civili e militari

a cura di Federico Adamoli



Appendice: Un'esperienza di guerra

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      Alla data dell’armistizio (8 settembre 1943) Giovanni Adamoli si trovava in Croazia, a Ragusa (Dubrovnik), che venne occupata dalle forze tedesche il 12 settembre. Iniziò così una prigionia durata 11 mesi come internato nei campi di concentramento polacchi e tedeschi. Il giorno dell’occupazione tedesca di Ragusa venne rivolta alle truppe militari la richiesta di adesione alla causa del nazifascismo. Rifiutatosi di aderire, insieme a tantissimi ufficiali e soldati italiani, dopo un'iniziale permanenza nel penitenziario di Zenica, trascorse quasi un anno mesi come internato nei campi di Bad Orb (Germania, piccolo villaggio tra Norimberga e Francoforte), Tarnopol (Polonia), Biala Podlaska (Polonia, a nord-est di Varsavia), nuovamente in Germania in un campo nei pressi di Norimberga, quindi in altro campo nelle vicinanze di Paderborn, nella Westfalia.
      I mesi dell’internamento trascorsero nella lunga assenza di notizie da parte dei propri cari, ai quali egli faceva pervenire la sua corrispondenza; egli rimane invece per 7 mesi nella vana attesa di una pur minima notizia sulla sorte dei familiari in Abruzzo. Così scrive nell’undicesima lettera che invia ai propri genitori da Biala Podlaska il 1 febbraio 1944: “Carissimi, da voi ancora nessun scritto. So bene che la colpa non è di nessuno. Vi confesso che scrivo la presente con una buona dose di scetticismo [parola illeggibile] i miei scritti altro non sarebbero che dei soliloqui”; così ancora in data 11 febbraio: “Carissimi, purtroppo sino ad oggi ancora non ho ricevuto un vostro scritto”; in data 21 febbraio: “Come desidererei vostre notizie! Fino ad oggi ancora non ricevo un vostro scritto. Io è la tredicesima volta che vi scrivo”; in data 4 marzo: “Sino ad oggi non ho ricevuto nessun scritto da parte vostra e ciò mi rattrista”; in data 5 marzo: “Il mio pensiero è sempre vicino a voi e il potervi rivedere un giorno mi sembra il più bel sogno della mia vita. Come desidererei rivedervi e riabbracciarvi.”
      L’unico legame con i luoghi d’origine è rappresentato dalla presenza nei campi di diversi teramani; a Tarnopol incontra Ciarelli, il Colonnello Biocca, il Tenente Marcozzi di Miano, il Capitano Speca di Corropoli, il Tenente D’Angelo di Giulianova; a Biala Podlaska è in compagnia di Vincenzo Lisciani, Torelli, Sorgi, Fanghella, Croce, Pensieri e Fini, marito della parente Irma Marconi, tramite il quale riesce a ottenere le prime rassicuranti notizie dei suoi cari. Così Giovanni scrive il 10 marzo: “Carissimi, ieri con grande gioia ebbi per la prima volta vostre notizie da parte di Fini. I vostri scritti non mi sono ancora pervenuti. Il sapervi tutti bene mi rende felice e ieri mi sentivo più sollevato. Ero diventato scettico e scrivervi mi sembrava essere diventata una cosa sterile ed inutile. Ora tutte le speranze mi si sono riaccese...”. Fin quando giunge per lui il grande giorno e scrive: “Biala 16 marzo 1944. Papà, mamma e sorelle carissime, oggi finalmente la mia riaccesa speranza, dopo la notizia datami da Fini, si è tramutata in realtà. Ho ricevuto un vostro scritto”.
      Dopo successivi rifiuti di aderire alla Repubblica di Salò, che le commissioni nazifasciste presenti nei campi richiedevano periodicamente agli internati, Giovanni nel miraggio del ritorno in patria, finì con l’aderire nel gennaio 1944 (all'adesione partecipò in massa la moltitudine degli internati, quasi 3000); tuttavia il rientro in Italia avvenne solamente il 22 agosto 1944 a Riva di Trento, dopo una lunga e tormentata attesa della chiamata per il rimpatrio. Rimase nell’Italia settentrionale e prestò servizio come impiegato civile in un ufficio di revisione di contabilità. Il rientro a Teramo avvenne il 15 maggio 1945.
      In una memoria del primo dopoguerra Giovanni Adamoli ricostruì l’arresto, i lunghi viaggi nei carri-bestiame e la vita nei campi.

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