a cura di Federico Adamoli


Il 'Primo' Adamoli in Abruzzo
[20 febbraio 2014]

     Il giorno che visionai all'Archivio di Stato di Teramo il passaporto che attestava l'ingresso del mio trisavolo Giuseppe Maria Adamoli in Abruzzo, notai che non giunse da solo, bensì in compagnia di un nipote, un ragazzino di 11 anni di nome Primo. La circostanza mi stupì molto, e di questo parente non ho trovato nessun'altra traccia, né testimonianza alcuna.
    Con grande sorpresa ho appreso quindi il rinvenimento, sempre presso l'Archivio di Stato di Teramo, di un incartamento della Polizia Borbonica relativo all'arresto di questo Primo Adamoli, avvenuto precisamente a Montorio al Vomano il giorno 14 maggio 1853.
    Il fascicolo conservato in archivio si compone di alcuni fogli, consistenti in verbali e comunicazioni avvenute tra le autorità locali, e riguardano gli accertamenti svolti sulla presenza in Abruzzo di Primo Adamoli: nella prima di queste comunicazioni, indirizzata dal Giudice Regio di Montorio all'Intendente della provincia di Teramo vengono fornite le note personali del giovane ramiere di 23 anni, figlio del fu Carlo, nativo di S. Vittorio, delegazione di Fermo. E' presente anche la descrizione fisica di Primo Adamoli: "Statura alta, mento ovale, colore naturale, barba crescente, capelli castagni, occhi simili, naso giusto, vaiolato nel volto, con una cicatrice nella gota destra".
    Dalla lettura di queste note informative di Primo Adamoli, si evince che nelle Marche hanno vissuto degli Adamoli! Nelle preziosissime memorie di famiglia scritte dal mio prozio Umberto (Famiglie Strina-Adamoli. Da Como ad Aquila), è scritto che quando Giuseppe Maria giunse in Abruzzo nel 1842 non viaggiò da solo, ma in compagnia di un fratello, che si sarebbe "fermato in Toscana" (della presenza di Adamoli in questa regione ho una testimonianza, avuta da un medico di Firenze nativo di Teramo, che aveva tra le sue pazienti un'anziana signora di cognome Adamoli). Nelle memorie viene citato il "lungo viaggio attraverso la Lombardia, l'Emilia, la Toscana e le Marche, l'arrivo nella terra" d'Abruzzo; in realtà, sempre consultando i documenti di Giuseppe Maria Adamoli conservati all'Archivio di Stato (che fanno parte di un fascicolo della Polizia Borbonica, relativo al suo arresto, avvenuto nel 1857, sempre per mancanza di documenti!) (Storia minima risorgimentale), ho avuto modo di apprendere che egli non partì dalla Lombardia, bensì da Bologna, dove si trovava sin da ragazzo, quando vi era stato condotto dal padre Carlo a lavorare presso la rameria del Conte Rossi, e dove rimase per circa venti anni, trasferendosi nel giugno del 1842 a L'Aquila (come è scritto sul Passaporto rilasciatogli dal Governo Pontificio, era proveniente direttamente da Pontecchio).
    Ciascuna delle regioni, citate nel libro di memorie di Umberto, avrebbe quindi visto la presenza stabile di un Adamoli! Anche le Marche, dove nel 1830 circa Primo Adamoli sarebbe nato a S. Vittorio (forse si tratta di Santa Vittoria in Matenano, comune in provincia di Fermo), da Carlo Adamoli, quasi certamente anch'egli ramiere. E' da notare che l'anno di nascita è anteriore all'arrivo di Giuseppe Maria Adamoli in Abruzzo (ben 13 anni prima).
    In base a queste notizie si può ritenere che quando Giuseppe Maria lasciò Bologna, porto con sé questo nipote, figlio di Carlo, che a sua volta era il figlio più grande di Carlo Bernardo Adamoli (nato a Narro nel 1776); il nome completo del padre di Primo è Carlo Francesco Antonio Adamoli, nato a Narro il 5 settembre 1804. Dopo che Primo arrivo in Abruzzo nel 1842 in compagnia dello zio, è verosimile ritenere che ne uscì presto, forse per ritornare proprio nelle Marche, fino al viaggio compiuto undici anni dopo. Il rapporto di parentela è da ritenersi certo perché nell'interrogatorio subito dopo l'arresto, Primo si riferisce a Giuseppe come lo zio.
    Non fu certamente una visita di favore quella compiuta da Primo, bensì uno spostamento dettato da esigenze di lavoro, ragione che d'altro canto ha sempre determinato gli spostamenti degli Adamoli, che esercitarono come ramieri in varie regioni italiane, sino in Campania. La ragione del viaggio si evince dal documento che testimonia l'arresto di Primo, avvenuto perché egli risultò sprovvisto di "regolari recapiti". Dall'interrogatorio si evince che Primo "da circa un mese dietro erasi recato in Aquila per travagliare presso di qualche maestro, da dove ne partì circa dodici giorni dietro recandosi in Villa Chiarino Circondario di Tossicia a trovare il di lui zio Giuseppe Adamoli, il quale rattrovasi da circa sette anni a lavorare nella rameria della famiglia Marcone, e che ieri mattina ripartì da colà per ricondursi in Aquila a travagliare ed ove avea lasciato presso della Polizia le carte di ricapito. Diligenziato il detto Primo non si rinvenne in lui alcun oggetto criminoso o di attendibile". Il Giudice Regio di Montorio precisa all'Intendente di Teramo che l'individuo - arrestato dal Caporale Palladino Comandante la Brigata dell'arma in Montorio - "essendomi stato presentato dalla Reale Gendarmeria", "venne da me fatto restringere in queste prigioni circondariali lasciandovelo a disposizione di lei".
    Primo Adamoli rimane quindi agli arresti, per lo svolgimento delle rituali indagini. Infatti in data 20 maggio venne rivolta richiesta all'Intendente di Aquila per "assicurarsi se sia vero oppure no ch'egli abbia depositato il suo passaporto in cotesto ufficio di polizia". La risposta fu spedita il giorno 28 dall'Intendente di Aquila a quello di Teramo, in una comunicazione dove è riportato il rapporto dell'indagine svolta dal commissario di polizia F. Cangiano: "Aquila 27 Maggio 1853. Signore. Il Ramiere Primo Adamoli pervenne in questo Capoluogo con regolare passaporto e vistato per Aquila dalla Legazione di S.M. Siciliana in Roma fatto la data del 22 Aprile ultimo. L'Adamoli chiese, dopo qualche giorno, il visto per recarsi in Tossicia Provincia di Teramo, onde visitare il suo zio Giuseppe Adamoli, ed avendo questo cancelliere proposto a Lei tale sua inchiesta, Ella dispose di non potersi a ciò avvenire, essendosi detto all'Adamoli, il quale dispiaciuto di questa negativa non si fece più vedere, ed il passaporto rimase come tuttavia esiste in questo Commissariato". L'Intendente di Aquila annota: "Si abiliti e gli si accordi un foglio di via per Aquila".
    In data 3 giugno, quindi, l'Intendente di Teramo scrive al Giudice Regio di Montorio, comunicandogli l'esito positivo dell'inchiesta: "Ella quindi potrà restituire alla libertà l'enunciato soggetto, qualora non sia stato arrestato per altri motivi che per la sola mancanza di carte giustificative, e di accordargli in tal caso un passo che da un canto lo abiliti a far ritorno ad Aquila e dall'altro l'obblighi a presentarsi a quel mio Sig. Collega". Il rapporto dell'Intendente venne trasmesso per prassi al Ministero, Real Segreteria di Stato della Polizia Generale di Napoli, che accusò la ricezione in data 10 giugno 1853. La detenzione di Primo Adamoli durò circa venti giorni, dal 14 maggio al 4-5 giugno circa.






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