Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


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     Mancata con lo sbarco in Sicilia l'ultima speranza di un successo militare, la crisi della diarchia doveva scoppiare in tutta la sua brutale espressione. Constatata l'usura del Fascismo, l'altra forza della diarchia, che si era tenuta in riserva e che aveva anche in riserva tenuto le forze che tradizionalmente la sostenevano, coglieva l'occasione propizia per passare all'attacco.
     Nel luglio del 1943 la Corona, che finalmente si riteneva la più forte, non era guidata che dall'istinto della sua conservazione fisica; la guerra, la Patria, l'avvenire della Nazione non entravano minimamente nei suoi calcoli: l'egoismo più miserabile — forse anche di natura strettamente personale — ispirò l'azione del re, il quale, secondo una sita personale postuma dichiarazione da Bari, volle "farla finita col Fascismo".
     Il re ha sbagliato i suoi calcoli e la Patria crocifissa sconta le conseguenze del tradimento regio.
     Il Fascismo — generoso e romantico come fu nell'ottobre del 1922 — ha scontato l'errore di non essere stato totalitario sino alla vetta della piramide e di aver creduto di risolvere il problema con un sistema che nelle sue applicazioni storiche remote e vicine ha palesato la sua natura di difficile e temporaneo compromesso.
     La Rivoluzione fascista si fermò davanti a un trono. Parve allora inevitabile. Gli eventi hanno voluto che la Corona espiasse con la sua caduta il colpo mancino tirato al Regime e il delitto imperdonabile commesso contro la Patria.
     Questa non può risorgere e vivere che sotto le insegne della Repubblica.