(segue) La crisi
(18 ottobre 1917)
[Inizio scritto]

      Ancora una volta la «inorganicità» senile del governo e l'affinità neutralista del parlamento hanno agevolato enormemente la manovra dei socialisti ufficiali i quali (alla camera in questa camera di Giolitti) appaiono i padroni della situazione anche per il fatto che i deputati interventisti non hanno avuto finora sufficiente coraggio per contarsi e abbastanza buona volontà di affiatarsi e di agire in comune. Notevole sia detto fra parentesi nel discorso Modigliani il rammarico per il «sacrificio» del comm. Corradini il quale evidentemente era (o lo è ancora?) una garanzia per i disfattisti italiani.
      La prima giornata della nuova sessione è stata adunque disgraziata per il governo. Le dichiarazioni dei singoli ministri in sede di discussione sull'esercizio provvisorio possono migliorare la situazione ma è più probabile invece che il ministero preso fra i due fuochi della opposizione interventista e di quella neutralista sia costretto a rassegnare le dimissioni. Se la situazione deve precipitare come sembra ormai inevitabile sono gli elementi interventisti che debbono compiere il gesto e assumerne le responsabilità. Il primo passo non potrebbe essere compiuto dai ministri che accettarono di entrare nel ministero nazionale in rappresentanza della corrente dell'interventismo popolare? Non è tempo di uscire da questo equivoco? Perché prolungare questa specie di lenta agonia dal momento che le speranze di salvezza cadono ad una ad una?
      Noi che non abbiamo uomini da sostenere o da lanciare e possiamo perciò da questo punto di vista guardare la situazione con animo scevro da preoccupazioni mettiamo però sino da questo momento alcune condizioni pregiudiziali nella eventualità di una crisi ministeriale e cioè: primo la nostra politica estera non deve subire soluzioni di continuità né nelle direttive generali né nell'uomo che le rappresenta; secondo nella politica interna nulla di quanto è stato fatto in questi ultimi mesi deve essere revocato. Ma si deve andare oltre nella attuazione di altri provvedimenti di indole politica ed annonaria: chiediamo la istituzione nel seno del consiglio dei ministri di un comitato di guerra; poniamo il nostro veto a qualunque resurrezione di uomini compromessi (durante e dopo il periodo della nostra neutralità) anche con un semplice biglietto da visita deposto al ritorno di una missione in America nella portineria di Giolitti; vogliamo un governo che abbia il coraggio di dichiararsi interventista — poiché ormai interventismo e neutralismo nella loro significazione storica e programmatica sono i due poli di riferimento di tutta la vita politica italiana — e che sappia utilizzare al disopra al di fuori e quando occorra contro il parlamento tutte le capacità effettive tutte le giovani energie del paese.

(segue...)