Umberto Adamoli
LA VOCE DELLE CARCERI
(Atto unico)


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     PAOLO - Appunto: lo sciopero della fame e i grandi penitenziari ce ne danno il buon esempio.

     FRANCESCO - Con letizia dell'erario? No, no. Neppure su questo argomento andiamo d'accordo.

     PAOLO - (rivolto a Carlo) E tu?

     CARLO - La penso come Francesco.

     PAOLO - Sicché, in caso d'un movimento, in questo senso, su di voi non ci possiamo contare?

     FRANCESCO - No. Non vogliamo andare a finire a Portolongone.

     PAOLO - Troverò altrove chi mi saprà capire.

     CARLO - Va pure.

     (Paolo, indispettito, si alza e se ne va brontolando)

     FRANCESCO - Matti ce ne sono dappertutto.

     CARLO - Tutto il mondo è paese. Toccate l'uomo negli interessi e avrete un nemico.

     FRANCESCO - Giusta la tua osservazione. Ed invero, mentre Paolo lavorava non pensava alla ribellione.

     CARLO - Uno strano uomo questo Paolo. Altre, senza dubbio, sarebbero le sue condizioni se avesse applicata la sua intelligenza a cose buone. Invece la sua attività fu sempre rivolta, come sappiamo, a falsificare cambiali, a portar via portafogli dalle tasche; oro dalle orificierie; casse forti dalle banche, perché, come egli diceva con gli economisti, il danaro deve circolare.


     FRANCESCO - Con il bel risultato di vedere se stesso tolto dalla circolazione.

     CARLO - E a dire che deve rimanere qui ancora per dieci anni. E' da impazzire.

     FRANCESCO - E' da impazzire davvero il vedere, per così lungo tempo, sempre le stesse facce; l'udire sempre le stesse rauche voci; il mangiare sempre gli stessi cibi, a base di patate; il respirare sempre la stessa chiusa aria.


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Umberto