Umberto Adamoli
LA VOCE DELLE CARCERI
(Atto unico)


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     SCENA PRIMA

     CARLO - Tante volte, compagno di sventura, viene proprio voglia di maledire, con il Profeta, il giorno in cui si nacque. Non capisco ancora perché si nasca quando, nell'oscuro mistero della creazione, si deve tanto soffrire.

     FRANCESCO - Certo, molti sono i tormenti su questa povera terra, molti i tormentati.

     CARLO - E per noi più di ogni altro vivente.

     FRANCESCO - E spesso mi domando quali forze oscure, pure avendo una buona educazione, mi abbiano spinto al male. Doloroso è il vivere entro questo chiuso recinto, in forzato ozio, quando la vita ferve, fiammeggia con la forza dei suoi giovani anni.

     CARLO - E' vero e freddo, sempre freddo, nel desolato isolamento.

     FRANCESCO - Non era, certo, questo il nostro sogno. Ma è tutta nostra la colpa della nostra criminalità?


     CARLO - Molte anime nobili, con valide ragioni, dicono di no.

     CARLO - Ho inteso anch'io parlare di certe teorie, di certe dottrine sulle cause che determinerebbero i delitti. Ma oggi vi sono altre cause non meno gravi, che operano negativamente sullo spirito dei minorenni.

     FRANCESCO - Sarebbero?

     CARLO - Senza l'incontro con la criminalità diffusa, quasi come una propaganda, dal cinematografo, dalla televisione e dalla stampa senza controllo forse non sarei qui.

     FRANCESCO - Anch'io posso affermare che una spinta decisiva verso il male mi fu data dalla pubblicità, fatta dai giornali, delle gesta arditamente criminose compiute, a capo d'una banda di malfattori, da un ragazzo di sedici anni. Come di tanti altri delinquenti, se ne stampava la fotografia e se ne parlava come di un piccolo eroe nazionale.


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Umberto