Umberto Adamoli
Nel turbinio d'una tempesta
(dalle pagine del mio diario. 1943-1944)

I Prefetti

[30] Il prefetto Andrea Tincani, studioso e dotto, lasciava Teramo verso la fine di giugno 1943, quando appunto s'iniziava, con i nuovi dolorosi eventi, questo diario. Egli partiva, ma lasciava, con la squisita sua educazione, con la correttezza dei suoi atti, con l'appassionato fervore, con il quale aveva adempiuto la sua alta missione, segni indistruttibili e luminosi. All'adempimento rigido e scrupoloso del dovere, aveva sempre unito un senso superiore di bontà, di umanità, di giustizia. Pareva che vivesse, in una ricca generosità, per I' altrui bene, per la prosperità della provincia affidata al suo saggio illuminato governo. Dinanzi alle inevitabili difficoltà e ai contrasti, pareva che divenisse sempre più decisamente forte. Nessuna debolezza mostrava dinanzi a quei fenomeni, tendenti a diminuirne l'autorità, che erano i prodotti non felici del tempo.
Teramo, proprio sotto il suo governo, poteva iniziare a sviluppare quel suo ardito programma di rinnovamento, molto notevole, nelle strade, nelle piazze, negli edifici, nelle Chiese, nei costumi.
Erano state già compiute alla sua partenza opere, alle quali legava durevolmente il suo nome.
Ne prendeva il posto il prefetto Elmo Bracali, di cui si e già parlato, ma non per molto tempo. Ed in vero verso la fine di ottobre, ossia a pochi mesi dalla nomina, e dopo un periodo di ansie e di pericoli, giungeva improvviso e inaspettato il suo collocamento a riposo.
Al suo allontanamento non dovevano essere stati estranei i Tedeschi, che dovevano attribuire anche a lui la responsabilità, o la tolleranza, nella costituzione a Teramo delle bande dei ribelli. Avevano usato infatti, nel giungere, nei suoi riguardi, modi duri e villani.
Il provvedimento determinato, senza dubbio, da ragioni politiche, molto rammaricava. Dotato di squisita educazione, di svegliatissima intelligenza, di vasta cultura generale e professionale, allo stesso modo del prefetto Tincani, anche lui aveva fatto del suo ufficio un vero apostolato. Instancabile nella sua operosità, alla quale spesso sacrificava serenamente vitto, sonno, riposo. Prima il dovere, pareva che fosse il suo motto, poi i diritti.
[31] Confortava, poichè si pensava che, una volta fuori della guerra, sarebbe stato ripreso il programma di rinnovamento, del quale si era reso premurosamente conto.
Sostituiva il Bracali, in mezzo ai dolorosi eventi, il prefetto di nuova nomina colonnello Vincenzo Ippoliti. Relativamente giovane, robusto, molto intelligente, tanto da rendersi ben conto, in breve tempo, del non facile nuovo incarico.
Di natura impulsiva, dinanzi alle contrarietà, era talvolta indotto a compiere atti, che forse non trovavano corrispondenza nella sua indole, nel fondo del suo animo non cattivo. Talvolta offeso nei suoi principi e nella sua sensibilità, pareva che volesse fucilare tutti, ma non fucilava nessuno. Ordinava, inoltre, arresti con la stessa facilità, con cui dava poi agli arrestati la loro libertà.
Faceva anche, nei comuni ritenuti ribelli, spedizioni armate, magari con molto chiasso, ma con limitatissimi danni, che poi largamente risarciva. Amava molto il popolo, con il quale volentieri parlava, sostenendone i bisogni e le ragioni.
Non tollerava i Tedeschi, e con essi spesso litigava, e ne biasimava la condotta di soprusi e di violenza.
Di spirito fortemente nazionalista ed imperialista, era molto sensibile alla grandezza ed all'onore d'Italia.
Un giorno, dopo una comparsa all'Ente comunale d'assistenza, che frequentemente visitava e ne ammirava, con animo commosso, il benefico funzionamento, partiva da Teramo, senza farvi più ritorno.

[Capitolo Precedente] - [Indice] - [Capitolo Successivo]