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Opuscolo 'Gli eroici Mitraglieri del 1° Battaglione' del Ten. Colonnello della R. Guardia di Finanza Amos Meucci, pubblicato nel 1929

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Il Generale Conte Vittorio Murari dalla Corte Brà, in una pregevolissima pubblicazione tendente ad illustrare l'eroica condotta tenuta dalla Brigata 'Ivrea' della quale egli fu primo comandante, durante la grande offensiva austriaca del maggio 1916 contro l'Altipiano dei Sette Comuni, dopo aver messo in rilievo il valore e le benemerenze dei due reggimenti - il 161 e 162 Fanteria - così dice a proposito delle truppe di altri Corpi che, combattendo a fianco della brigata stessa, ebbero l'onore di dividere con essa i sacrifici e la gloria delle memorande giornate: "Ad ufficiali e soldati delle Brigate Alessandria, Lambro, dell'Artiglieria, del Genio, della R. Guardia di Finanza, che non ebbero minori meriti per il tempo che furono con 'Ivrea'. 'Ivrea', rivolgendo ad essi il suo pensiero, oggi, paga il suo debito di cameratismo d'armi, lasciando ai superstiti diretti l'onore d'illustrare degnamente l'azione loro, come per 'Ivrea' ha fatto il suo primo Comandante". (Gen. V. Murari Brà: Sulla fronte della 34. Divisioe con la Brigata Ivrea. - Torino, Casanova e C., 1922, p. 123, L. 10)
Poiché non mi consta che sinora alcuno della R. Guardia di Finanza abbia assolto, in modo degno, tale compito, e poiché mi sembra giusto e necessario che una delle più belle pagine scritte dal Corpo durante la grande guerra abbia a rifulgere di tutta la sua luce abbagliante, voglio provarmi ad assolvere il compito stesso.
L'amore che io porto alle tradizioni militari delle Fiamme Gialle, e la nobiltà dello scopo che mi prefiggo, valgano ad allontanarmi ogni taccia di presunzione, ed a farmi perdonare qualche lacuna o manchevolezza.


Il I° Battaglione R. Guardia di Finanza, all'inizio della guerra fu dislocato sulla 1.a linea della 34. Divisione, nella zona montuosa dell'Altopiano dei Sette Comuni, passando dalle trincee di Marcai di sopra, a quelle di quota 1857, di Campo Rosa, del Col Santo, del Costerni, e di Cima Norie.
Dopo circa un anno trascorso lassù, tenendo onorevolmente il suo posto, anche in momenti di vivi bombardamenti nemici, e lavorando attivamente alla sistemazione tattica del terreno, il Battaglione, il 12 aprile del 16, fu ritirato in Asiago.
La sua Sezione Mitragliatrici, però, la lasciò in linea, aggregata alla Brigata Ivrea. Veramente, codesta Sezione - bellissimo, compatto manipolo, dai nervi d'acciaio, come le armi che gli erano affidate, mirabilmente fuso da quella forte tempra di soldato del suo Comandante, il Tenente Umberto Adamoli - era stata quasi sempre aggregata a reparti del R. Esercito, dai Battaglioni Alpini Bassano e Val Brenta, all'80° Reggimento Fanteria.
La Sezione trovavasi, appunto, alle dipendenze di questo Reggimento quando, il 7 gennaio 1916, il Tenente Adamoli, durante un'audace ricognizione spinta fino alle immediate vicinanze del forte austriaco Finocchio, riportò una grave ferita ad una coscia.
Il contegno valoroso di questo bravo ufficiale in tal circostanza destò l'ammirazione degli ufficiali dell'80°, al punto che essi stessi vollero, per un buon tratto, portare la barella su cui egli era stato adagiato.
Ma ai primi di aprile, il Tenente Adamoli, per quanto ancora la ferita non gli si fosse del tutto rimarginata, tornò, a sua domanda, alla propria Sezione, che allora trovavasi in linea a Cima Norre, in una posizione molto avanzata e, per essere in mezzo ai forti nemici di Luserna e Belvedere, molto pericolosa.
Da Cima Norre, la Sezione passò nei pressi di Milegrobe, in appoggio ad una compagnia del 162 che teneva quella Conca, quale punto avanzato di una linea di osservazione che da lì proseguiva verso sud, per Malga Fratelle e Malga Campo, conca che il Generale Murari Brà definisce "posizione infelicissima, vero nido di proiettili".
La sera del 5 maggio la suddetta Compagnia fu annientata da un improvviso attacco nemico, e la Sezione rimase da sola a chiudere agli austriaci, imbaldanziti del successo ottenuto, l'adito alla nostra linea di resistenza del Costesin.


Clicca sulla foto per ingrandirla Nei giorni che precedettero il formidabile urto nemico, iniziatosi, com'è noto, il 15 maggio con un bombardamento d'una violenza sino allora sconosciuta, la situazione su quella frontiera era la seguente:
il settore assegnato alla 34. Divisione era limitato a nord da Cima Manderiolo (punto di congiungimento con la 15. Divisione operante in Val Sugana) e, passando per il fortino di quota 1857, per i Marcai, per la ridotta di quota 1506 e per la Val Torra, scendeva sino al forte Campolongo e a Castelletto, dove si congiungeva con la 35. Divisione operante in Val d'Astico.
Il tratto suddetto era ripartito in due sottosettori, Nord e Sud, aventi come punto di collegamento la ridotta di quota 1506, appartenente al sottosettore Nord;
il sottosettore sud - Comandato dal Gen. Murari-Brà - era tenuto dalla Brigata Ivrea, rafforzata da un reggimento della Brigata Lambro (il 205°) e dalla Sezione Mitragliatrici del 1° Battaglione R. Guardia di Finanza. Le truppe erano schierate: il 162° tra il Costone di Brusolada e la Valle Bisele di sopra, il 161°, con due battaglioni del 205°, a cavaliere della Val Sincella, sino a Campo Paselaro. Il resto della fronte era tenuto da un battaglione del 205°, rafforzato dal Nucleo esploratori del 162°. Va notato che lo schieramento era qui, sulla sinistra, assai più debole, sia perché il terreno, costituito dalle scoscese pendici della Val Torra, mal si prestava all'attacco nemico, sia perché fu giustamente previsto che la parte più minacciata sarebbe stata la Val d'Assa, che era il punto di saldatura tra i due sottosettori, e che offriva maggiore possibilità di manovra. Inoltre, si pensò, evidentemente, che il nemico, in caso di sfondamento, poteva tagliare alle nostre truppe la via della ritirata verso Rotzo e Asiago, aggirarle, e addossarle contro il dirupato ciglio sinistro della Val Torra, ove, con tutta probabilità, le avrebbe annientate.
Di fronte alle posizioni della 34. Divisione si stendevano le linee austriache da Cima Vezzena fino a sud-ovest di Malga Campo, sopra un terreno dominante, e potentemente organizzato, appoggiate ai forti permanenti di Busa di Verle, di Basson e di Luserna.


Fino a tutto il 19 maggio gli austriaci non pronunziarono alcuna seria azione, ad eccezione di un bombardamento infernale, incessante, che tutto stroncava e sconvolgeva, ma che non riuscì a fiaccare il morale della truppa. In tali contingenze, la nostra minuscola ma ammirabilmente agguerrita Sezione Mitragliatrici, passò, a più riprese, dall'uno all'altro dei reggimenti dell'Ivrea, ora allo sbarramento di Val Morta, ora a quello di Val Sincella, per respingere attacchi parziali nemici.
Bisogna tener presente che la consistenza del nostro fronte in quella zona, sia come numero di truppe, sia come apprestamenti difensivi, non era adeguata alla gravissima minaccia nemica che si andava ormai delineando: e ciò perché, com'è noto, il nostro Comando Supremo non riteneva possibile un attacco nemico in grande stile contro la zona stessa.
Preoccupato di ciò, e prevedendo che gli austriaci avrebbero avuto per loro obiettivo le nostre difese dell'alta Valle dell'Assa in cui, come ho detto, era il punto di saldatura tra i due sottosettori Nord e Sud, il Generale Murari-Brà, nell'intento di garantirsi il fianco destro, il giorno 18 volle assicurarsi del grado di resistenza di codesto punto di saldatura, ed all'uopo si recò a conferire col Comandante di truppa a quota 1506 - dipendente dal sottosettore Nord - riportandone l'impressione, convalidata poi, pur troppo, dagli eventi, che tale truppa non avrebbe potuto tener testa all'urto nemico.
Il Generale pensò, allora, di garantirsi nel miglior modo il fianco destro e le spalle, ordinando al Comandante del 162. Fanteria di spostare forza sul terreno verso l'ala destra del sottosettore, col compito di parare ad una eventuale minaccia di aggiramento, soggiungendogli che avrebbero dovuto mantenersi a cavaliere della dorsale di Brusolada, a qualunque costo, anche se le truppe del sottosettore Nord avessero ripiegato (Op. Cit. Pag. 108). Formò, anzi, a questo scopo, un reggimento misto, dandone il comando al Ten. Col. Rossi Luigi del 162°. Caposaldo di questo terreno, il cui possesso, come si è visto, assicurava le truppe del sottosettore Sud contro il grave pericolo dell'accerchiamento e garantiva ad esse, in caso di bisogno, le vie della ritirata, è l'altura di quota 1528, ed è perciò su quest'altura fu posta la Sezione Mitragliatrici del Tenente Adamoli, il quale si rese ben conto dell'incarico tremendo ed altamente onorifico che gli veniva affidato e lo assolse in modo incomparabile, come vedremo in appresso.
Nelle ore antimeridiane del 20, dopo una violentissima preparazione di artiglieria, grandi masse nemiche si slanciarono all'attacco di quota 1506, i cui difensori, come si prevedeva, furono costretti a ripiegare. Si tentarono, dal reggimento misto suddetto, numerosi contrattacchi per riprendere la quota stessa, ma questi eroici, generosi, tentativi s'infransero, dinanzi all'infuriare del tiro d'artiglieria austriaco, d'ogni calibro. Fu quindi giocoforza adattarsi ad una difensiva statica, specialmente sulla linea Costesin-Brusolada.
Ma una difesa di questo genere, fatta per soprappiù con truppa stanca, numericamente scarsa, non sostenuta in tempo, né adeguatamente da rincalzi, non poteva condurre, nella migliore ipotesi, che ad un ripiegamento.

Clicca sulla foto per ingrandirla Vediamo ora, brevemente, la sorte che subì il 1° Battaglione R. Guardia di Finanza in questi tremendi avvenimenti. Esso, come si è già detto, dopo essere rimasto circa un anno in prima linea, era stato, il 12 aprile, ritirato ad Asiago per riposarsi e riordinarsi, e lì fu impiegato in vari servizi di presidio. Il 15 maggio Asiago, com'è noto, fu fatta segno ad un violentissimo bombardamento nemico, effettuato dai grossi calibri e dagli aeroplani, per cui la cittadina fu dovuta sgombrare dalla popolazione civile. In questa dolorosa contingenza, il nostro battaglione si distinse, favorendo tale sgombro, e prestando soccorso alla popolazione così duramente provata. Il bombardamento nemico si protrasse anche nei giorni successivi, finché Asiago non fu ridotta un ammasso di macerie. Il battaglione, per sottrarsi a questo inferno, fu costretto a rifugiarsi in un bosco vicino a Camporovere, all'addiaccio; quando, il mattino del 20, ricevette l'ordine di portarsi subito all'Osteria del Ghertele, a disposizione della 34. Divisione, quale rincalzo alle truppe del sottosettore Sud. Durante la marcia, il reparto, guidato dal capitano Luigi Squadrani, ebbe ordine di recarsi alle Mandrielle, e quindi a Campo Rosa, ciò che fece percorrendo un terreno incessantemente battuto dalle violenti raffiche dell'artiglieria austriaca. L'indomani mattina sul far del giorno ricevette l'ordine di portarsi celermente sulla posizione Costesin-Brusolada, che, come si è spiegato, era divenuta ormai il perno della resistenza, e che avrebbe dovuto assicurare le vie della ritirata, ove questa fosse stata decisa.
Per più di sei ore, sotto un bombardamento di indescrivibile potenza, e di fronte ai ripetuti attacchi nemici, il battaglione, mostrandosi degno emulo degli eroici fanti dell''Ivrea' che aveva a fianco, rimase saldo e compatto, pur avendo subito perdite notevoli, specialmente di ufficiali (furono feriti il Capitano Spinelli, e i tenenti Silvestri, Ghio, Bertè e Veneziani); mentre la sua eroica Sezione Mitragliatrici col Tenente Adamoli, più avanti, teneva duro a quota 1528, diventata una bolgia infernale, per il bombardamento che tutto stroncava e sconvolgeva, e per l'accumularsi dei cadaveri nemici sul rovescio di tale quota, falciati dal tiro preciso delle due armi.
Per dare un'idea della violenza di questo bombardamento, e dell'accanimento col quale il nemico incalzava prodigalmente ondate di truppe contro la posizione suddetta, (che gli premeva di possedere per scardinare tutta la nostra difesa) mi si permetta di citare due brani di due corrispondenti di guerra, uno italiano (Rino Alessi del 'Messaggero') e uno austriaco.
"Durante le ore del mattino - scrive l'Alessi - tutte le bocche del Lavarone sono rivolte contro di noi, e vomitano, in un'unica onda distruttrice, diecine e diecine di migliaia di colpi... Dall'alto rotolano, con le schegge roventi delle granate, blocchi di granito, frammenti minuti di lastroni polverizzati. I pini e la nuvolaglia prodotti dagli scoppi appaiono come il susseguirsi di tanti vulcani".
"Una delle principali battaglie - scrive la 'Neuie Freie Presse' del 6 giugno 1916 - fu data per l'espugnazione del Costesin Q. 1528, che costituiva un punto d'appoggio straordinariamente forte nel complesso delle linee nemiche di difesa. La lotta s'inizio con un cannoneggiamento che non è possibile descrivere. Artiglieri che hanno partecipato alle più terribili azioni d'artiglieria di questa guerra, dichiarano di non aver mai visto un bombardamento di simile violenza; e questo si può credere senz'altro osservando le posizioni nemiche. Vi si nota un caos raccapricciante; un ammasso di reticolati divelti, contorti, di tronchi a terra, enormi depressioni del terreno generate dallo scoppio delle granate. Queste colpirono potentemente, stroncando tronchi robustissimi di alberi, sventrando i sacchi a terra e spargendone il contenuto molto lontano. Quando il bombardamento ebbe inebetiti i nemici, cagionando loro terribili perdite, allora fu sferrato l'attacco delle fanterie".
Data questa situazione, l'enorme sproporzione dei nostri mezzi in confronto con quelli del nemico, la interruzione delle comunicazioni prodotta dal bombardamento e l'assolutamente inadeguata affluenza di rinforzi alle truppe del sottosettore, ormai pressoché esauste, a causa della tormentosa lotta che da ben sei giorni andavano sostenendo, senza mai tregua, è evidente che il ripiegamento era fatale. Si noti, infatti, che, oltre al 1. Battaglione R. Guardia Finanza, furono avviate di rincalzo la sera del 20, soltanto alcune compagnie della Brigata Alessandria, disorientate e coi vincoli organici alquanto rilassati pel modo tumultuario in cui avvenne il trasporto di esse su autocarri, e pel fatto che il reggimento al quale appartenevano fu suddiviso tra i due sottosettori nord e sud.
Fu così che il Generale Murari-Brà, in seguito a ordine del Comando di Divisione giunto alle ore 11 del 21, dette disposizioni per il ripiegamento, avviando prima il carreggio e le salmerie per la via Mandrielle-Ghertele, più sicura e più riparata dal tiro, quindi la sinistra per Campo Poselaro e Tola del Vescovo, e la destra per Mandrielle e Campovecchio.


Tale ripiegamento doveva, però, avvenire sotto la protezione del reggimento misto, ridotto, ormai, ai minimi termini, del Ten. Col. Rossi (reggimento che all'uopo rimase sulla dorsale Costesin-Brusolada, e soprattutto sul caposaldo di 1. 1528, strenuamente difeso dalla Sezione Mitragliatrici del Tenente Adamoli) e ciò fino a tanto che le rimanenti truppe del sottosettore fossero giunte al sicuro.
E fu in questa circostanza che il valore dei nostri mitraglieri brillò di tutta la sua luce. Essi avevano piena coscienza di ciò che si richiedeva loro in quel momento: resistere ad ogni costo, per impedire che il nemico avesse a mutare il ripiegamento delle nostre truppe in una disastrosa sconfitta. Ed in questa coscienza essi, dominando l'angoscia che li attanagliava per l'esito infausto della battaglia, dominando lo sfinimento prodotto da sei giorni di fatiche, di stenti, di spasimi inenarrabili, seppero trovare la forza di assolvere questo duro compito, lottando accanitamente, senza speranza di vincere, e col solo scopo di proteggere i loro fratelli che si ritiravano.
Le ondate austriache salgono incessantemente contro q. 1528, il cannoneggiamento continua a dirigervi le sue raffiche terrificanti, ma i difensori di quota 1528, decisi a rimanere sul posto fino all'esaurimento del loro compito, non mollano. Una delle due mitragliatrici della Sezione, colpita in pieno da un proiettile di grosso calibro, è sconquassata; già buona parte del materiale è distrutto, ma non si arretra, perché l'ordine è quello. Il Tenente Adamoli impugna l'arma superstite, e continua a mietere nelle file nemiche. Il valorosissimo Ten. Col. Rossi, dopo uno dei più tragici momenti superato, facendo anche molti prigionieri, dal Tenente Adamoli, va sul ciglio del fuoco, e piangendo di commozione lo abbraccia e lo bacia.
Gli austriaci già cominciano ad attorniare la posizione da cui egli, calmo ed alacre, manovra la sua mitragliatrice arroventata dall'uso prolungato, già un cadetto, sbucatogli alle spalle, gl'intima di arrendersi, gli posa le mani addosso.
Il Tenente Adamoli, senza scomporsi, senza cessare dalla sua funzione sterminatrice, senza neppure degnarsi di guardarlo, lo respinge con una gomitata nel petto. Il cadetto, irritato, fa il gesto di estrarre la rivoltella, evidentemente con l'intenzione di finirlo. Allora avemmo questo episodio di sacra ferocia: la guardia Cavagnolo Giovanni, accortosi di ciò, afferra per la gola il cadetto, gli configge le unghie nella carne, lo atterra, e non lo lascia se non quando l'ha visto con gli occhi sbarrati e con la lingua di fuori, strangolato. Di questo episodio è traccia eloquente nella motivazione riguardante la medaglia di bronzo concessa a questo valoroso.
Finalmente, dopo sei ore dall'inizio del ripiegamento, e quando, ormai, le colonne ripieganti sono al sicuro, la posizione viene abbandonata, in ordine, trasportando via armi e materiali. Lungo il cammino fu dovuta, alcune volta, piazzare l'unica mitragliatrice ancor valida che era rimasta, per tenere a distanza qualche pattuglia nemica che molestava alle calcagna. "Ultimo a ritirarsi, alle ore 18 - dice il Generale Murari-Brà a pagina 112 della sua pubblicazione precitata - fu il Tenente Col. Rossi, con un pugno di eroi leggendari che imposero rispetto al nemico".
Questi eroi leggendari erano il Ten. Adamoli e i suoi mitraglieri.
E nell'ordine del giorno emanato l'indomani alle sue truppe per elogiarne la valorosa condotta, detto Generale afferma "il nemico non ha osato inseguirci!".
La sera del 22 la Sezione si ricongiunse al proprio Battaglione, che occupava alcuni trinceramenti al di qua dell'Assa, verso Canove; e per quanto avesse i propri uomini laceri, contusi, assorditi dalle cannonate, sfiniti dal lungo digiuno e dai patimenti di ogni sorta, tornava in linea, e contribuiva, nella notte, a respingere nuovi attacchi nemici.
La Sezione fu tutta decorata al valor militare: otto medaglie delle quali tre d'argento. Forse meritava di più (infatti, in casi simili, si è dato di più) ma il momento non era propizio per una migliore esaltazione delle sue gesta. Si sarebbe potuto rimediare in seguito; ma nessuno ci ha pensato. E così la R. Guardia di Finanza è l'unico Corpo che non abbia né singolarmente né collettivamente, medaglie d'oro.


Il Generale Murari-Brà ha conservato un ottimo ricordo del 1° Battaglione della R. Guardia di Finanza, e soprattutto dei suoi magnifici mitraglieri. Sul Cippo eretto a quota 1528 del Costesin nel 1922, fece incidere nel bronzo, insieme alle Truppe del R. Esercito che si segnalarono nell'eroica difesa del maggio 1916, anche il nome del Battaglione stesso. E in data 9 settembre 1922, pochi giorni prima che tale cippo venisse inaugurato, il Generale scriveva al Capitano Adamoli: "Coi fanti dell'Ivrea va indissolubilmente legato il ricordo della R. Guardia di Finanza del 1° Battaglione, ed in ispecie di quegli eroici mitraglieri che si copersero di gloria. Sulla lapide che scopriremo il 24 corr. sull'Altipiano dei Sette Comuni è ricordato il loro Battaglione fra gli eroici difensori del Costesin. ...Io li ricorderò con ammirazione i suoi eroici mitraglieri...".
E il Colonnello Raffaele Basso, già Comandante del 162° e ora Console Generale della M.V.S.N., in data 19 maggio 1924:
"Caro Capitano, ricordo con grande affetto i miei buoni e valorosi commilitoni, e vorrei poterli abbracciare uno per uno per dimostrar loro di quanta riconoscenza essi abbiano diritto dal nostro paese. Rammento la sua eroica Sezione Mitragliatrici e l'efficacissimo aiuto da essa dato al mio tartassato Reggimento sul Costesin, in quelle epiche giornate...".
Questa splendida pagina di gloria, scritta dai Mitraglieri del 1° Battaglione nella Storia del Corpo (pagina alla quale si aggiungono quelle pure bellissime dei mitraglieri del 19°, il cui Comandante, sottotenente Cesare Catenacci, cadde manovrando la propria arma al Pal Piccolo il 23 giugno 1916; e di quelli del 3°, comandati dal Ten. Alberto Lo Sasso caduto alla loro testa sotto Cima d'Oro il 9 luglio 1916) costituisce una magnifica tradizione, che sarà fonte di nobili ispirazioni e di generosi impulsi alle nuove generazioni di finanzieri, e che darà piena garanzia per l'assolvimento del compito loro affidato della prima difesa dei passi di confine.





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