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Articolo pubblicato sulla rivista 'IL FINANZIERE - Giornale della Regia Guardia di Finanza" il 18 febbraio 1917, avente per oggetto la cerimonia per la consegna delle medaglie alla Sezione Mitragliatrici nei fatti d'armi sul Costesin del maggio 1916


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I Finanzieri e la guerra - Una festa del valore al fronte

La mattina dell'8 febbraio, in un paese di Val Sugana, ebbe luogo la solenne cerimonia della consegna della medaglia d'argento al valor militare al tenente Adamoli signor Umberto; e delle medaglie di bronzo al valor militare a cinque militari della sua eroica sezione mitragliatrici.
Alla cerimonia intervennero il maggiore Porta cav. Felice, col capitano Cecchetto del Circolo di Padova, il comandante del Presidio; il capitano Sabatini col sottotenente Marengo, il capitano Bove col sottotenente Piccione, il capitano Giuffrida col sottotenente Orefice, il Comandante del Quartier Generale della ... Divisione e un larghissimo stuolo di ufficiali di tutte le altri armi. Intervennero pure le Autorità civili ed ecclesiastiche del Paese; e molto popolo.
Gli onori erano resi da una compagni agli ordini del Sottotenente Caccavale Paolo, composta di un plotone della 1° Compagnia Regia Guardia di Finanza, di un plotone dell'eroica Brigata Sassari, e di un plotone del 3° Artiglieria da Montagna.
Ultimata alle ore 2 la riunione, il Comandante del Presidio diede la parola al capitano Meucci Amos, Comandante della suddetta prima Compagnia, il quale, col seguente discorso illustrò i fatti che dettero luogo alla concessione delle belle ricompense.

Verso la metà dello scorso maggio, il tenente Adamoli signor Umberto, si trovava con la sua sezione mitragliatrici dirimpetto al forte di Luserna, in vista dell'ubertosa Val Lagarina, tutta risorridente per l'inoltrata primavera, coi suoi borghi deserti, che da si lungo tempo attendono il riflusso della loro gente italianissima e il nostro giusto dominio; si trovava là su quelle posizioni che pochi mesi prima, ai 7 di gennaio, erano state bagnate dal sangue sgorgante di una ferita aperta nelle sue carni dal piombo austriaco.
Quand'ecco scatenarsi contro quelle montagne, contro quei valichi, la terribile minaccia dell'avversario; ecco la furia spaventosa dei grossi calibri, e delle altre infinite artiglierie, ecco l'impeto insistente, accanito delle innumerevoli orde che i nemici avevano ammassate in quella zona, al fine di rompere, ad ogni costo, il nostro argine, e straripare nella pianura veneta; portando con loro, insieme con la devastazione, con la morte e con la desolazione, un danno enorme ed irreparabile, un'onta senza nome per il nostro Paese.
Per ben otto giorni, e cioè dal 14 al 21 maggio, dinanzi ad un bombardamento infernale che svelleva gli alberi, che frantumava orribilmente gli uomini, che cambiava aspetto alla montagna, dinanzi a reiterate e furiose ondate nemiche, decise a impadronirsi di quelle posizioni a qualunque prezzo, per ben otto giorni stettero salde le nostre linee, prima di cedere.
E mentre esse, ormai esauste e sopraffatte, si accingono a ripiegare, il tenente Adamoli coi suoi degni cooperatori, s'indugia ancora al suo posto, da cui ha largamente mietuto e tuttora miete tra le file avversarie.
Ma il furore delle cannonate nemiche non si arresta un istante; e già una delle sue mitragliatrici, colpita in pieno da un grosso calibro, è sconquassata, già buona parte del suo materiale è distrutto, già il suo eroico manipolo è decimato. Egli indugia ancora al suo posto. Forse perché è uno strazio al suo cuore di soldato il pensiero di indietreggiare dinanzi al nemico, forse perché egli conserva ancora la nobile illusione di ributtare definitivamente la bieca marea, che sempre ritorna, piena, violenta, irresistibile.
Ma le sue forze sono, purtroppo, di gran lunga inadeguate al compito che egli si è assunto, perché la marea continua a salire e già lo avvolge. Ora la lotta che egli combatte non ha più lo scopo di ributtare il nemico, oramai soverchiante per numero; sibbene ha lo scopo di trattenerlo, alquanto, di impedirgli che l'inseguimento, di dar tempo alla nostra colonna di fanteria di ripiegare in ordine; ed è in questo terribile momento che rifulge di luce purissima il valore che ora viene premiato.
I nemici già hanno attorniato la posizione da cui egli, calmo ed alacre, manovra la sua mitragliatrice, arroventata per l'uso prolungato, già gli stanno addosso; già un cadetto, sbucatogli alle spalle, gl'intima di arrendersi, e gli si avvicina per ghermirlo. Il tenente Adamoli, senza scomporsi, senza cessare dalla sua funzione sterminatrice, senza neppure guardarlo, lo respinge con una gomitata sul petto. Il cadetto ritorna, risoluto a finirla col suo insolente avversario; ed allora la guardia Cavagnolo, qui presente, lo afferra per la gola, e in un impeto di sacra ferocia gli configge le unghie nella carne, lo atterra, e non lo lascia se non quando l'ha visto esanime, strangolato.
Finalmente, il tenente Adamoli, avuta dai suoi superiori precisa ingiunzione di ripiegare, ubbidisce, portando seco la sua mitragliatrice superstite, tutto il materiale rimastogli, tutti i suoi uomini (dei quali due sono qui presenti; e gli altri tre, e cioè il maresciallo Malandra Silvano e le guardie Brunelli Eugenio e Guerrera Pietro, che pure sono stati ricompensati per la circostanza, il primo con medaglia d'argento, e gli altri due con medaglia di bronzo, sono ora incorporati in altri reparti) ubbidisce e rientra per ultimo nelle nostre nuove linee, quando già tutti lo credevano morto o prigioniero.
Questi sono, in succinto, i fatti che hanno dato luogo alle ambite ricompense concesse direttamente da S.E. Il Capo dello Stato Maggiore dell'Esercito a questi valorosi; e cioè:
Al Tenente Adamoli sig. Umberto, la medaglia d'argento al valor militare, con la seguente motivazione:
"Comandante di sezione mitragliatrici, distintosi più volte per calma e coraggio, cooperava efficacemente a mantenere al proprio posto gli uomini durante un violento e continuo tiro di grossi calibri nemici, dando prova di grande spirito di sacrificio e di elevato sentimento militare.
Durante il ripiegamento, avendo il nemico attaccato in coda la colonna, portava prontamente in posizione l'arma che ancora eragli rimasta intatta, ed apriva prontamente con essa il fuoco, cooperando efficacemente ad arrestare l'inseguimento (Costesin, 20, 21 maggio 1916)".
Alla guardia Bovone Pio, la medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione:
"Colla propria sezione mitragliatrici si distinse per attività, resistenza e coraggio e per l'elevato spirito militare (Costesin 21 maggio 1916)".
Alla guardia Cavagnolo Giovanni, la medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione:
"Visto il proprio ufficiale preso di mira a breve distanza da un tiratore nemico, con mossa fulminea fu addosso al tiratore stesso atterrandolo. Coadiuvò efficacemente il proprio ufficiale nel buon funzionamento della sezione mitragliatrici distinguendosi per calma, attività e coraggio (Costesin, 21 maggio 1916)".
O voi della R. Guardia di Finanza che avete la fortuna, che avete l'onore di assistere a questa bella cerimonia, io sono ben certo che l'animo vostro è commosso di vivissima gratitudine per questi nostri valorosi compagni d'arme, che ponendo a sicuro pericolo la loro vita, hanno saputo rendersi così benemeriti della Patria, hanno saputo aggiungere tanto decoro al Corpo a cui apparteniamo.
Ma sono anche ben certo che un altro sentimento, forse ancor più gagliardo, fa fremere i vostri cuori nel momento presente: è questo il sentimento dell'emulazione che, suscitato in voi dal fulgido esempio di valore che avete dinanzi agli occhi, vi fa promettere solennemente a voi stessi di affrontare risolutamente ogni pericolo, ogni sacrificio, pur di compiere intiero, in qualsivoglia circostanza, il vostro dovere di soldati.
E ricordate il motto che d'ora innanzi dev'essere della Guardia di Finanza, ed esso siavi sempre ed inderogabilmente, di norma: "Nemini impares!". A nessuno secondi, nello spirito militare, nel sentimento del dovere; a nessuno secondi, per devozione e per abnegazione verso il Re e verso la Patria; a nessuno secondi, nel sentimento di onore per la nostra divisa!
Valstagna, 8 febbraio 1917

Dopo di ciò, tra vivi applausi, furono appuntate le medaglie al petto dei valorosi; e quindi la truppa sfilò dinanzi ad essi.
Terminata la cerimonia, fu offerto un vermouth d'onore, cui parteciparono, oltre i decorati, le rappresentanze intervenute alla cerimonia stessa.
Gli ufficiali della I. Compagnia, offersero quindi un banchetto agli ospiti, preparato con molta signorilità dal sottotenente triestino Schott cav. Alberto, aggregato a detta Compagnia. Durante il lieto simposio regnò la massima, lieta cordialità; e prima che si levassero le mense, il sottotenente Caccavale salutò i decorati col seguente brindisi:
Signori, ho l'onore di rendere omaggio al valore premiato dell'egregio collega Adamoli e delle brave nostre guardie Bovone e Cavagnolo alla presenza del Sig. Maggiore Porta - un ferito del Podgora - già comandante del 3. Battaglione alla Trincea delle Frasche e del 3. Battaglione a S. Giovanni; alla presenza di illustri Ufficiali, nostri graditissimi ospiti, altamente benemeriti della Patria, che col loro intervento rendono più solenne la festa che celebriamo; alla presenza di Superiori e colleghi del Corpo, che degnamente hanno operato e sono ancora, a malgrado della non più giovane età e dei disagi sofferti sin dall'inizio della campagna, pronti e fiduciosi di compiere il loro dovere sino alla fine...
Clicca sulla foto per ingrandirla Nell'esultanza ch'io vedo brillare negli occhi vostri, o Signori, v'invito ad alzare i bicchieri in onore dei valorosi presenti, dei valorosi assenti della brava Sezione mitragliatrice, che ci insegnarono come sia bello, in un sogno di gloria, strenuamente pugnare e vincere, v'invito a salutarli con giubilo questi valorosi, sicché la luce purissima delle loro anime illumini e scaldi le nostre nella primavera imminente; v'invito a salutare con orgoglio di figli la potenza d'Italia che sale come sole nel cielo di porpora, mentre nel cuore sorge veemente un augurio: Dall'ibrido oscuro caos che è l'impero obbrobrioso degli Absburgo, s'alzino a brillare sul capo della Madre che tutti ci tiene, le più belle stelle mancanti al suo diadema, Trieste e Trento, belle della bellezza delle vergini nella doglia infinita; e non invano sia il sangue sparso, tanto fiore di giovinezza invano reciso, tanto eroismo sciupato. Dal sangue vermiglio dei figli d'Italia nasca un'aurora di prosperità e di grandezza, e ovunque s'apra un germe, o s'inizi un'opera, il nome vostro suoni come uno squillo, scenda come un raggio di sole, o Prodi!
Le guardie decorate furono invitate a pranzo dai sottufficiali della Compagnia.
La bellissima festa si chiuse con l'audizione di finissima musica, eseguita al pianoforte dal sottotenente Verzè, (un diplomato del Conservatorio di Milano) e in tutti lasciò un graditissimo ricordo.




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