[Scheda del Libro]

Dieci passi verso l'azzurro, romanzo di Giuseppe Di Febo,
(Seneca Edizioni, 2008)

Presentazione di Giuseppe Di Febo

     Discorso dell'autore nel corso della serata per la presentazione ufficiale del libro, svoltasi il 23 luglio 2008, ed organizzata dalla Arcotenda Onlus di Silvi.

     Prima di leggere una breve presentazione del libro, vorrei ringraziare Arcotenda per l’organizzazione di questa serata, quindi tutto il suo Direttivo, in particolare il suo favoloso Presidente, nonché il suo instancabile Vicepresidente.
     Il libro si presenta in copertina con un’opera dell’artista Ireneo Ianni, che penso abbia interpretato pienamente l’intenso messaggio del racconto, direi con impressionante realismo. Esso si apre con una prefazione di Federico De Carolis che introduce e che è stato capace di sintetizzare in mezzo rigo ciò che Ireneo ha disegnato:”La vita. La morte, momenti”. Si chiude con una postfazione di Paolo Martocchia che, non da meno, concentra il suo pensiero su una frase estrapolata:”La tua razionalità mi aiuterà in questa vita, la mia fede ti aiuterà nell’altra”. Bravi. Sono onorato dalla presenza intellettuale di questi professionisti, che hanno fatto loro le emozioni del racconto. In effetti, se togliessimo il contenuto del libro, le loro opere sarebbero sufficienti per interpretarne comunque il messaggio.
     E’ la storia di un disabile, che pensa di essere arrivato alla fine dei suoi giorni. “Una storia non nuova se raccontata in una riga” ha scritto di essa l’amico Federico, “ma trasportata nell’attualità di un mondo nuovo e moderno dove tutti son capaci di riempirsi la bocca di solidarietà e dove sono pochi ad attraversarla con il cuore in mano senza chiedere nulla”, può incitare alla riflessione se letta in un libro, che sorprendentemente rivela e mette in luce emozioni e crisi esistenziali, soprattutto di chi accorre in aiuto, sicuro di se e della propria salute.
     "Dieci passi verso l'azzurro", con tutta l’umiltà che gli appartiene, ha l’ardire, l’audacia di ribadire con forza, che chi aiuta con sincerità, quasi con bisogno di farlo, ottiene più di quello che da, già su questa terra, senza aspettare un ipotetico premio nell’aldilà. Viceversa, chi chiede aiuto si fa maestro di vita, è colui che attraverso la sua sofferenza evidente, da lezione esistenziale, stimolando chi accorre a profonde riflessioni.
     In una fredda sera di dicembre, vicina alle festività natalizie, Andrea si ritrova nella solitudine di una via. Seduto sul marciapiede, malato, abbandonato dalla società e dalla sua famiglia. Pensa di aver esaurito i giorni della sua esistenza, pensa al suicidio, ma una cosa gli impedisce di arrendersi definitivamente: la fede, che continua a pulsargli prepotentemente nello spirito. E’ la fede, che quella sera gli fa tornare in mente un amico d’infanzia cui aggrapparsi come ultima speranza. Con gli ultimi centesimi del suo cellulare prova a chiamarlo. L’amico, Riccardo risponde, accorre. Insieme, cominciano un cammino verso la riconquista della dignità, della vita. L’entusiasmo è coinvolgente, contagiante, reciproco, perché Riccardo, accorso per aiutare, da laico, si accorge che qualcosa sta cambiando in se stesso, che qualcosa sta nascendo in se stesso, di nuovo, di originale.
     Negli innumerevoli discorsi tra i due, Riccardo cerca di dimostrare che la fede è illusoria, che le situazioni problematiche si risolvono solo con l’intelligenza, ed inizialmente i fatti gli danno ragione. Sulla scorta dei successi, Andrea annuisce, sembra convincersene, ma il percorso esistenziale dei due amici è intriso di segnali inspiegabili, quasi soprannaturali. Comunque, il ritorno alla dignità, al sapore della nuova vita, incoraggia il disabile Andrea ad andare oltre: a progettare una rivincita, a completare la sua battaglia verso la vittoria della giustizia, quella terrena, quella logistica legata alla legge dell’uomo. Il laico Riccardo preme, ansima in questa direzione, ne fa quasi una soddisfazione personale, anzi cerca di mettere in guardia l’amico dal pericolo di insidiosi cedimenti verso l’affetto delle figlie, verso una fede illusoria. Ma la fede è parte indissolubile di Andrea, ed è a questo punto, che la storia assume risvolti drammatici, che la razionalità si scontra con la fede. Si fa strada il conflitto esistenziale profondo tra i due amici, che li porta a separare le loro vite, convinto ognuno della fine imminente e disastrosa dell’altro. Si separano, sono lontani, ma rimangono uniti dall’ansia di qualcosa che deve succedere, che dovrà succedere e succederà
     Sarà il lettore a scoprire la sorpresa finale e la lezione di vita che scaturisce dalla loro storia.
     Concludo con una singolare curiosità: le prime righe del libro recitano…………., bene, l’ispirazione di quella sera, quel tratto di viale, quei platani erano proprio quelli antistante questa Chiesa, entro la quale stasera non io, ma l’Arcotenda ha organizzato questo incontro. Il razionale Riccardo direbbe che è solo una delle tante coincidenze a cui ci sottopone la vita di tutti i giorni. Il disabile Andrea non avrebbe dubbi facendolo rientrare in un disegno misericordioso. Attendiamo il parere del lettore.
     Mi corre il dovere e il piacere di ringraziare tanti amici che mi hanno incoraggiato ed aiutato nella realizzazione di quest’opera, in particolare Edoardo Famelici, Paolo Martocchia, Federico De Carolis, Ireneo Ianni.
     Il merito della spinta iniziale va senz’altro ad Arcotenda, che, come sappiamo, incoraggia l’incontro tra il disabile e le persone di buona volontà che intendono aiutare, un processo ambivalente che favorisce la nascita di storie come questa e soprattutto concede a volte la possibilità ai cosiddetti abili di prendere coscienza della propria disperazione esistenziale. Il merito va esteso anche a Guerino che ha ispirato la storia con la sua patologia. Non è la sua storia, ma è stato determinante per far partire la molla ispiratrice del racconto.