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L'ultima dimoraa cura di Federico Adamoli (2008
stampato in proprio
305 pagine) |
Teramo (1-10-1890). La chiamavano Giannina e il vezzeggiativo fareva fatto a posta per lei. In questo nomignolo, che l'affetto de' suoi le aveva dato, s'indovinava un corpicino minuto, allegro, tutto movenze graziose: un vero bottoncino. Oh come ti rivedo, povera bimba, attraverso al dolore! Mi par di vederti quando seduta da presso alla madre tua, intenta a rammendare l'abitino di qualcuno dei tuoi fratelli, tu cercavi d'imitarne i movimenti e starvi lì ferma, attenta per delle mezz'ore intere, figurandoti, d'essere una donnetta di casa; ti rivedo quando ti davi l'aria d'una piccola massaia, co' la vesticciuola succinta e le maniche rimboccate fin sotto il gomito, e rivedo il tuo braccino roseo, bella che strappava baci e carezze, ti rivedo quando giocavi co' tuoi fratellini e co' le tue sorelle e odo ancora i tuoi piccoli gridi e mi si ripercuote dolorosamente ne l'anima la tua vocina squillante. Com'eri bella, com'eri bella! Ed ora?... Ora, povera bimba, ti se' addormentata. Dormi, dormi, bambina: dormi e non ti svegliare. Non ti svegliare, ché chi potrebbe vedere raddormentarti? Accanto a te, povera Giannina, c'era seduta una donna alta, alta, magra, magra che
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