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L'ultima dimoraa cura di Federico Adamoli (2008
stampato in proprio
305 pagine) |
poetessa, Firenze (10-10-1888). La natura le aveva fatto il maggior dono che sia concesso a mortale: il pensiero in lei diventava armonia e si traduceva nel ritmo della parola. Il Metastasio che cominciò la vita poetica e la fortuna coll'improvvisare, si lagnava della tirannia del verso e della rima che non gli permetteva di scegliere le idee, e diceva che mentre il poeta nello scrivere cerca a sua grand'agio le vesti per l'uomo, l'improvvisatore s'affretta a cercare tumultuariamente l'uomo per le vesti. Ed aggiungeva che a ben esaminare le poesie dell'improvvisatori "quante Angeliche si presentano colla corazza di Oriano e quanti Rinaldi con la cuffia d'Armida". Ma in Giannina Milli questa discordanza non si manifestava, sopratutto perché nei suoi versi era un'anima che guida dritta allo scopo ogni forza dell'intelletto ed ogni sentimento, e quest'anima gliela ispiravano patria e libertà". E dopo i ricordati trionfi della poetessa, chiude il suo elevato articolo: "Con questa altezza di concepimenti cantava Giannina Milli, che Alessandro Manzoni giudicava superiore a quanti prima di lei improvvisarono: poetessa degli ideali, dei più grandi e più santi affetti". [appr.] (24-10-1888). La Giannina Milli in Teramo. Ricordi biografici - Caro Taffiorelli, a te ed ai lettori del tuo Corriere non torneranno forse sgradite alcune poche notizie intorno ai primi passi mossi dalla compianta Giannina Milli in quella via che doveva renderla illustre, ed alle prime manifestazioni date appunto in Teramo, del suo genio poetico. Narrasi che un giorno, non avendo essa ancora cinque anni il padre suo, Bernardo, raccontavale per distrarla una storiella popolare che molto impressionò la fanciulletta, la quale, dopo poco fattasi innanzi alla madre, esclamava: "mamma sono poetessa anch'io" e franca declamava la storiella poco innanzi intesa, ridotta in versi. Furono le primissime rime della futura poetessa la cui fama in Teramo e nelle vicine Chieti ed Aquila andava ogni giorno crescendo, destando universale ammirazione per la grazia e la facilità onde recitava le sue poesie. Stefano De Martinis da Teramo, sorpreso di sì precoce estro poetico, volenteroso si profferse ad istruirla e perché vecchio ed infermo, recavasi la giovanetta Milli in compagnia della madre ogni sera in casa di sì generoso e sapiente maestro, al quale esclusivamente essa deve quel perfezionamento che non sempre l'arte sola e il lungo studio consentono. Intanto il nome della Milli si ripeteva in ogni angolo della città sua natia. Capitava in quei giorni in Teramo S. Arduini, giovane letterato marchigiano che non voleva prestar fede a quanto della Milli udiva per ogni dove; nondimeno fu a visitarla e venendo a discorrere dell'improvvisare, le diede un tema sopra il re David e, messo fuori l'orologio, quattro soli minuti bastarono a lei per dirvi uno stupendo sonetto. L'Arduini andò meravigliato di tal portento e scrisse un lungo panegirico in lode della giovane poetessa. Così per la prima volta il suo nome uscì pubblicamente per le stampe fuori dell'Abruzzo, né alcuno osò più mai mettere in dubbio o contrastare la eccellenza unica più che rara di lei improvvisatrice. Ma la Giannina ormai doveva avventurarsi in più largo campo che non era la casa dell'ottimo De Martinis, ed avendo ella acconsentito prodursi in pubblico, venne prescelto per tal solenne esperimento il 24 giugno 1847, giorno suo onomastico. Il maestro fu sollecitato di chiamarvi non solo le principali magistrature, ma tutto il fiore della cittadinanza sicché la sala era stipata di persone avide di ascoltare finalmente quella giovane poetessa che confidavano sarebbe per essere una gloria della loro Teramo. Trovatasi inaspettatamente innanzi a tanta folla, ella non si smarrì, raccolse anzi più che mai ogni forza d'animo e si tranquillò pensando esser quello il momento supremo pel nome e per l'avvenire suo. I temi non furono tratti a sorte, ma detti a voce. Fu meravigliosa, destò fanatismo e venne letteralmente ricoperta di fiori. Da questi essa scelse tre rose che conservò sempre e per le quali dettava alcune stanze bellissime. Passati alcuni mesi diede la Milli un nuovo esperimento pubblico nel Teatro e dopo uscì finalmente dalle mura di Teramo e andò a cimentarsi prima nelle più importanti città d'Abruzzo, e poi nella capitale. E da qui ha data e principio il lungo e glorioso suo pellegrinaggio per l'Italia nostra, pellegrinaggio che le procurò fama ed onori, ma ben scarso compenso materiale, sicché non priva di stenti trasse la sua esistenza! Inutile qui il ricordare i suoi trionfi e le avventurose vicende della sua carriera artistica; essi sono troppo noti. Solo chiuderò queste brevi notizie invitando i teramani a non obliare troppo presto colei che illustrò la città dove nacque e che, morendo, le legava il suo più bel tesoro, le medaglie cioè che si guadagnò col genio, collo studio e col lavoro. Pesaro, 20 ottobre 1888 (Alex Casella) [appr.] [appr. 27-10-1888] (31-10-1888). I primi anni della Milli. La morte di Giannina Milli ha destato l'estro di molti, e fra questi c'è Venanzio Ventura, vecchio cultore delle Muse. Egli mi manda una poesia, che il Corriere non può pubblicare, perché è sua norma costante di non ammettere versi tra le sue colonne. Piuttosto, riferiamo una nota che troviamo a pie' di una quartina in cui ricorda il primo precettore della celebre poetessa e l'incontro col Regaldi. Il Ventura scrive in quella nota: "La Giannina (sempre con la indivisibile sua madre Regina), andava a dar lezione delle prime elementari alla fanciulla Luisetta de Sanctis (oggi maritata col distinto signore, Pasqualino del Bono, in Penne), figlia del mio cugino Lorenzo, nella cui casa io abitava. Ivi la conobbi, ivi, nelle mie ore di svago, le recitava, o improvvisava i miei versi, ed ivi quando, dopo parecchi mesi, mi fece vedere alcuni dei primi suoi Sonetti, che mi sembrarono belli e buoni, la persuasi di andare allo studio del mio concittadino e maestro, Stefano de Martinis autore del Cola Melatino, come quegli che, meglio di altri, la poteva istruire nelle lettere italiane. Così avvenne; e fu proprio in quello stesso anno (1845), che la conobbe anche il mio amicissimo Giuseppe Regaldi, il quale, in presenza di varie notabilità, in casa de Martinis, la salutò con queste parole: Tu sarai una stella d'Italia nostra, soggiungendo poi sotto voce 'Ch'oggi, avvilita allo stranier si prostra'. Povero Regaldi! Nel 1849, dopo di essere stato molti giorni in mia casa, ove portò a compimento i suoi conti Biblici, e dopo di aver percorso, in mia compagnia e dell'ex dep. Nicola Marcone e di Luigi Vicoli, molte parti degli Abruzzi, a scopo nobilissimo; pensava di andare anche in Teramo, col doppio fine di rivedere gli amici, e di risalutare la Giannina. Quella città fu occupata dalle truppe Borboniche, e Regaldi se ne tornò in Napoli, da dove, poco dopo, esulò”. |