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a cura di Federico Adamoli

Carlo Eugeni e la storia dello sport teramano


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     Io do' la parola al Professore Franco Eugeni, che rappresenta la famiglia, perché ci dica come ha vissuto questo momento iniziale del ricordo di suo padre Carlo. Voglio solo svelarvi una piccola cosa che ci siamo detti poco fa: Franco mi ha detto di suo padre, "Ho avuto modo di conoscerlo sotto due aspetti, come padre e come amico”.

     (Franco Eugeni) E' proprio così! La domanda dell’amico Roberto Almonti sintetizza il rapporto che ho avuto con mio padre. La serata è emozionante e anche se sono abituato a parlare in pubblico sarei un cuore di pietra a non emozionarmi. Vorrei cominciare comunque col dire che sto parlando io, ma qui con noi in questa sala vi è quasi tutta la famiglia. Sono presenti mio fratello Fausto con sua moglie Teresa ed i suoi figli minori Roberto ed Anna. Porto anche i saluti di mia figlia Diana e di mia nipote Grazia; loro vivono tutte e due all'estero e non era possibile per loro venire qui, oggi. Anche mia moglie Silvana e mio figlio Gianluca, che è alla Micron di Avezzano, non si sono potuti muovere per ragioni di lavoro. Sono questi i cinque nipoti di nonno Carlo e tutti loro mandano il loro affettuoso saluto a tutti i presenti, assieme a ben dieci pronipoti. Sono presenti anche i nostri cugini Annunziata, Federico e Umberto Adamoli figli del fratello Giovannino di mia madre Diana, storico Preside dell’Istituto “Vincenzo Comi” di Teramo. In questo tavolo sono vicino ad Italo Canaletti, che è stato uno degli amici di mio padre della nuova generazione, la cui amicizia è stata del livello delle più antiche e vi è anche Gigi Montauti, mio amico d’infanzia, a lui dobbiamo un grazie per aver concepito e organizzato, in modo impeccabile, come è suo costume, questo incontro. Io da anni seguo la sua attività, che si sposa fortemente con quella che è stata la filosofia di mio padre. Naturalmente al tempo di mio padre non si è potuto pensare di fare delle cose a livello internazionale, quindi si lavorava molto in Abruzzo, ma la filosofia era quella del promuovere lo sport per le masse, dare grande visibilità a questo strumento incredibile. Io vi dico che personalmente debbo molto allo sport. I miei maestri sportivi sono stati mio padre per l'atletica, Tino Pellegrini, al quale sono affezionatissimo, per la pallacanestro. Io non ero un gran che, però guardate, con quei pochi anni in cui ho fatto sport fino a circa il 1959-60 ci sono vissuto di rendita per tutta la vita. Oggi che ho 70 anni io mi ritrovo un fisico accettabile, anche se non ho fatto quasi più niente, tranne che passare ore ed ore a tavolino. Per questo devo dire grazie a queste persone, in particolare a mio padre.