Luigi Barzini
Odissea. L'avventurosa fuga di un nostro aviatore dal campo nemico.


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     II pilota riusci a padroneggiarlo e a manovrare per il volo librato, lasciandosi portare dal vento. La vallata della Sava di Wocheiner tornò a svolgersi sotto gli aviatori. La terra si avvicinava veemente.
     L'aeroplano toccò il suolo presso alla ferrovia, fra la stazione di Feistriz e quella di Menning. Erano le nove e mezza del mattino.
     Il luogo sembrava deserto. Gli aviatori, presa la mitragliatrice già svitata, la postarono sull'erba e aprirono il fuoco sull'aeroplano. Dal serbatoio bucato la benzina sgorgava. Un fiammifero acceso, gettato sul liquido sparso, fece divampare le fiamme. In quell'istante i due naufraghi udirono qualcuno che intimava: - Mani in alto! Un gendarme, di guardia alla ferrovia, accorreva imbracciando il fucile.

La cattura

     Nello stesso momento una locomotiva, che portava gendarmi ed ufficiali, arrivava a tutto vapore dalla stazione di Feistritz. Gli aviatori furono perquisiti, disarmati, fatti salire sulla locomotiva: cinque minuti dopo scendevano a Feistritz. Qui fu redatto il verbale di cattura; i prigionieri vennero spogliati degli scafandri di volo; subito dopo un treno li portava a Poelmelec. Da li, a piedi, vennero condotti a Kneza, sede di un comando. Un ufficiale di stato maggiore li interrogò brevemente, con correttezza e deferenza, un ufficiale medico li sottopose alla iniezione anticolerica, un cantiniere servì loro la colazione; alla fine si trovarono soli, chiusi in una baracca, sbalorditi. La prigionia cominciava. Pensavano con accasciamento alla loro gente che li aspettava laggiù, al campo.