a cura di Federico Adamoli

Una brutale aggressione
[2 aprile 2020]

     La storia di famiglia si arricchisce ogni tanto di nuove vicende, che spesso e volentieri vengono restituite dagli Archivi di Stato. Così è stato qualche anno fa, quando da Bologna mi fu segnalata la vicenda del "magliante" Carlo Adamoli, il quale venne assassinato con uno "scortichino" il 20 febbraio 1839 a Pontecchio, da un dipendente della rameria del Conte Carlo Marsili Rossin nella quale lavorava da un paio di anni come capo lavorante. Carlo era uno dei fratelli del mio trisavolo Giuseppe, che di lì a qualche anno (giugno 1842) giunse in Abruzzo proprio da quella rameria nella quale si trovava da circa 20 anni, per dar vita al ramo abruzzese degli Adamoli.
     La nuova vicenda è venuta alla luce presso l'Archivio di Stato di Teramo, grazie al contributo della carissima cugina Marisa Adamoli. Gli “artefici” di questo caso giudiziario sono tre dei figli di Giuseppe (1810-1859) e si verificò nell'estate del 1873, precisamente il pomeriggio del 30 agosto: Gelasio, Giovanni e Luigi si rendono protagonisti di una brutale aggressione ai danni di Sabatino Falconi di Giovanni, di anni 43, contadino nato a Torricella Sicura e domiciliato a Villa Ripa.
     All'indomani dell'accaduto l'Ufficio Sicurezza della Prefettura trasmette al procuratore del Re la segnalazione del grave ferimento di Sabatino Falconi, il quale nel pomeriggio del giorno precedente, trovandosi a Villa Ripa nell'Osteria di Carlo Guerrieri, per "quistioni d'interessi" viene ferito gravemente alla testa dai tre fratelli Adamoli, fabbri ferrai, uno dei quali era armato di un palo di ferro e gli altri due di randelli. Alla denuncia viene allegato il rapporto sanitario compilato dal medico di Teramo Pasquale Pirocchi, di anni 34, il quale dopo l'intervento della forza pubblica ha soccorso il ferito, procedendo ad una prima medicazione. Nel rapporto richiesto dalla pubblica sicurezza viene esposto che il Falconi "presentava nella regione parietale sinistra una ferita sanguinante lacero-contusa, lunga quattro centimetri, larga mezzo e profonda da raggiungere l'osso sottoposto e privato del suo periostio. Tale lesione prodotta poche ore dietro con corpo contundente-lacerante, come bastone e simili, porta seco il pericolo della via per le possibili conseguenze morbose".
     Il giorno 5 settembre il pretore di Teramo Michele Rocco, dopo aver convocato il ferito a comparire in pretura, è costretto a recarsi direttamente presso l'abitazione di Falconi, che non è in grado di muoversi, e raccogliere la denuncia orale con la conseguente querela. Il ferito espone che "il giorno trenta agosto, verso le ore cinque, calai innanzi a questa abitazione appartenente al signor Carlo Guerrieri, e richiesi a Gelasio Adamoli il pagamento di soldi cinquantacinque per avermi fatto come garante ad un suo lavorante, che si addormentò in questa mia abitazione. Non appena ebbi fatta quella richiesta, il Gelasio non solo mi rispose con modi impertinenti, ma mi assettò due pugni sulla testa. Corse allora l'altro fratello Giovanni, e con un palo-ferro, col quale lavora come caldaraio, mi vibrò sulla regione della spalla, il quale per fortuna non fece male perché mi passò strisciando. Al fratello Giovanni si aggiunse anche l'altro fratello Luigi, il quale prese l'incannucciatoio, che è un grosso pezzo di legno e me lo vibrò sulla testa producendomi la ferita sulla testa che mostro alla V. Giustizia". Falconi indica anche i cinque testimoni che hanno assistito alla brutale aggressione.
     Lo stesso giorno il medico Pirocchi precisa nel verbale di perizia redatto in pretura che "le facoltà intellettuali dell'offeso sono certamente (?) integre" e scioglie la prognosi, rimuovendo "ogni pericolo di vita tenuto per lo passato, a motivo che le conseguenze morbose presente non si sono verificate".
     Vengono quindi raccolte le testimonianze delle persone che hanno assistito all'aggressione: Antonio Cocci fu Pietro, di anni 27, cenciaiolo, domiciliato in Villa Lemba (Civitella) il quale dichiara che il pomeriggio del fatto "mi trovavo qui di passaggio. Fui presente quando Sabatino Falcone qui innanzi richiese a Gelasio Adamoli il pagamento di certi soldi, ed il Gelasio invece gli assettò due pugni. Indi corse il fratello Giovanni e con un palaferro gli vibrò dei colpi sulle spalle che andarono strisciando. Finalmente giunse Luigi Adamoli, e con un incannucciatoio di legno lo ferì sulla testa". Conferma la dichiarazione il secondo testimone, Francesco Brandimarte di Nicola, di anni 20, cenciaiolo, anch'egli di Villa Lemba.
     Viene successivamente raccolta la testimonianza di Salvatore Franci, del fu Giovanni, di anni 46, contadino di S. Giorgio, che dichiara: "In uno degli ultimi giorni dello scorso agosto, trovandomi in Teramo entrai per bervi un bicchiere di vino nella Taverna di Sabatino Falconi, e intesi questi richiedere lire tre ad un tale chiamato Giuseppe di condizione ramiere, ed il medesimo gli rispose nulla dovergli dare. Cominciarono quindi a litigare fra loro, e vidi accorrere il fratello del detto ramiere a nome Luigi, il quale percosse il Falcone con un palo di ferro che teneva. Non so dire qual parte prendessero, ed il Giuseppe e l'altro di lui fratello a nome Giovanni, perché la lite ebbe luogo nella strada, ed io me ne stavo entro la porta della Taverna". La dichiarazione è confermata dal fratello del Franci, Quintiliano, di anni 30.
     Sulla base delle dichiarazioni fornite dall' "offeso" stesso e dai testimoni, non risulta possibile comprendere se tra i fratelli Adamoli e Sabatino Falconi ci fossero degli screzi, un astio per questioni personali. Non risultano dichiarazioni a carico degli imputati, né sono presenti gli atti del processo e la relativa sentenza, poiché l'ultimo documento dell'incartamento contiene la proposta di pena formulata dal giudice istruttore. Atteso lo scontro diretto tra il soccombente Sabatino e Gelasio, che sferra un paio di pugni a seguito della richiesta di denaro, appare sproporzionato l'accorrere prima del fratello Gelasio che brandisce un palo di ferro tentando di colpire il Falconi, e quindi dell'altro fratello Luigi che con l'incannucciatoio di legno lo percuote in testa, causandogli le ferite più gravi. Il coalizzarsi dei tre fratelli ci consentono di ipotizzare che esistessero già delle tensioni tra i soggetti coinvolti. Al di là della dichiarazione presentata dal ferito, risulta quindi determinante la testimonianza di Antonio Cocci e Francesco Brandimarte, che sono dei testimoni oculari, ed avallano con le proprie parole la versione dei fatti fornita da Sabatino; i fratelli Franci, come dichiarato, si trovavano dentro la taverna di Guerrieri, mentre la lite avvenne in strada, e quindi non hanno visto direttamente lo scontro. A voler leggere attentamente le dichiarazioni dei fratelli Franci ci potrebbero essere anche delle contraddizioni, perché i due, pur essendo dentro la taverna, dicono di aver visto accorrere Giovanni e Luigi con dei randelli. Quindi o i fratelli Adamoli erano dentro la taverna con in mano già il palo di ferro e l'incannucciatoio, oppure i fratelli Franci non dicono esattamente il vero. Forse preferiscono tenersi fuori dalla questione familiare?
     Le ricerche sui carichi penali dei tre fratelli Adamoli non produce alcun risultato: secondo l'attestato del Sindaco di Teramo Costantini si tratta di "giovani di buona condotta"; nella dichiarazione della pretura di Teramo è detto che non risulta alcun carico penale nei loro confronti né sono "annoverati tra gli ammoniti". Altresì nella fede penale rilasciata dal Pretore di Tossicia riguardante Giovanni e Luigi nulla risulta a loro carico. Un momento di follia fine a sé stesso, quindi? Gelasio, il primo dei sei figli di Giuseppe, all'epoca dei fatti ha già una propria famiglia, essendosi sposato quattro anni prima con la salernitana Maria Carolina Marotta che ha conosciuto durante il servizio militare prestato a Giffoni Valle Piana (dove peraltro lui ed alcuni fratelli hanno vissuto per diversi anni, dopo la morte del padre). Ha pure due figli: Giuseppe di 3 anni, ed Antonio di 1 anno. Giovanni è ancora scapolo, mentre Luigi ha da poco sposato Maria Grazia Falconi che, guarda caso, è proprio la figlia di Sabatino. All'epoca dei fatti la moglie di Luigi è in attesa del primo figlio Emidio. E' proprio Luigi che provoca le ferite più gravi al suocero. E come vedremo è proprio Luigi ad avere la posizione più grave a livello processuale. Difficile quindi non ritenere che dietro la brutale aggressione ci possano essere questioni familiari.
     All'epoca dei fatti Gelasio, colui che scatena la lite, con la famiglia era rientrato l'anno precedente dalla Campania ed aveva deciso di riprendere la conduzione della ramiera di Rocciano, dopo che la madre Doralice Strina, risolta positivamente una lunga trattativa, aveva raggiunto un accordo con gli Spinozzi, ai quali la gestione era stata affidata dagli Adamoli nel 1859, quando Giuseppe morì di polmonite a soli 49 anni. La ramiera di Villa Tordinia aveva iniziato ad operare nella primavera del 1857, dopo due anni di lavori. L'anno successivo venne aperto a Teramo un deposito dei prodotti che uscivano dalla fonderia. Si apriva pure un laboratorio per l'ulteriore lavorazione del rame, venduto direttamente alla clientela teramana. L'anno successivo, il 1859, tuttavia moriva Giuseppe, ed essendo i figli ancora in tenera età, la gestione veniva lasciata agli Spinozzi, mentre la madre Doralice conservava in città la conduzione del laboratorio di ramiera ed il magazzino di vendita. I fratelli Adamoli, figli di Giuseppe, gestirono quindi la ramiera dal 1872 al 1883, quando sopraggiunsero gravi problemi finanziari e della salute di Gelasio, che iniziò a manifestare anche segni di squilibrio mentale. Nel 1883 Gelasio con la moglie Carolina Marotta e gli otto figli si trasferirono a L'Aquila, quindi, poco tempo dopo, a Tempera, il paese nel quale era giunto il padre Giuseppe nell'estate del 1842.
     Il 31 ottobre 1873 dopo la lettura degli atti che riguardano l'accaduto, il giudice istruttore presso il tribunale correzionale di Teramo, in base alla requisitoria del pubblico ministero, procede alla imputazione dei tre fratelli in quanto gli atti raccolti "presentano sufficienti indizzi di reità a carico degl'imputati Gelasio, Giovanni e Luigi Adamoli". Gelasio e Giovanni vengono imputati di "percosse volontarie che non han cagionato malattia d'incapacità al lavoro nella persona di Sabatino Falconi"; Luigi invece è imputato di "ferimento volontario che ha prodotto impedimento al lavoro per 15 giorni". Per i primi due "la loro imputazione accenna al reato preveduto nell'art. 550 Codice penale è punibile con pena di polizia"; e pel 3. la gravità (?) del reato da lui commesso e le circostanze attenuanti che vi son connesse, richieggono che la pena del carcere comminata nell'art. 543 Cod. penale non ecceda la durata di tre mesi". I tre fratelli vengono rinviati quindi per il giudizio davanti al Pretore di Teramo.






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